Si sa che uno come lui ha una grande forza. Ma non era semplice condividerla in quel modo con gli oltre 40mila presenti. Appena sale sul palco, poi, è sufficiente guardare i suoi occhi, anche attraverso i maxischermi, per comprendere che appare difficile, ma non impensabile. E si intuisce che sarà qualcosa di unico.
Record di pubblico per un concerto di questo tipo, come spiegato da Eddie Vedder in apertura con alcune frasi lette in italiano. «Questo succede solo in Italia» dice.
Si apre così il concerto del frontman dei Pearl Jam alla Visarno Arena di Firenze il 24 giugno.
Solo lui sul palco, soprattutto chitarra (elettrica o acustica a seconda dei pezzi) e ukulele.
E al centro c’è davvero solo lui che suona e canta per più di 40mila persone.
Non dovrebbe avere nessun tipo di timore uno come Eddie Vedder. Eppure si capisce che è teso perché un paio di volte sbaglia i testi dei brani, ma ogni volta si riprende e se la cava con ironia.
E soprattutto anche in quelle situazioni, e sempre da quegli occhi e da quel palco, si percepisce una magia che non si interrompe mai per due ore.
L’inizio è con tre grandi classici dei Pearl Jam come “Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town”, “Wishlist” e “Immortality”.
Si passa poi ottimamente dai pezzi del suo gruppo a quelli della colonna sonora di Into The Wild, scritti dallo stesso Eddie Vedder: si va cioè dai brani cantati anche dal pubblico a quelli ascoltati in religioso silenzio.
È festa a Firenze per San Giovanni e più di una volta il leader dei Pearl Jam non mancherà di ricordarlo, inizialmente brindando con un po’ di vino, bevuto direttamente dalla bottiglia, e poi anche “pensando a San Giovanni come iniziali di Soundgarden“: lo splendido ricordo di Chris Cornell passa allora attraverso le note di una toccante “Black”, dove quell’ultimo momento in cui canta “Come Back, Come Back” sembra proprio un disperato tentativo di riportare in vita il compianto amico. Poi la voce è rotta dal pianto…
Anche alcune cover caratterizzano il concerto e tra le più apprezzate c’è “Comfortably Numb” dei Pink Floyd, unico brano suonato all’organo, e “Imagine”, dedicata anche a Yoko Ono che circa due settimane fa è stata riconosciuta ufficialmente come coautrice del brano.
Vedder chiede al pubblico di tenere in alto i cellulari con i display accesi, ma il vero colpo di scena arriva alla fine del pezzo portato originariamente al successo da John Lennon: una stella cadente illumina il cielo per un attimo indimenticabile… come un ulteriore incantesimo ancor più inaspettato che rimarrà ancor più indelebile nel cuore dei presenti.
In serata, prima del frontman dei Pearl Jam, ha suonato Glen Hansard. Il cantautore irlandese, già leader dei Frames, è in tour con Eddie Vedder e all’ultimo momento ha convocato la sua band per la tappa di Firenze, sapendo della presenza di pubblico più numerosa rispetto alle precedenti occasioni.
A un certo punto Vedder lo chiama sul palco, per suonare insieme a lui fino a fine serata: è la cosiddetta “ciliegina sulla torta”.
Il cantante dei Pearl Jam offre prima il vino ad Hansard, per poi regalarlo a un fan nel pit.
Poi, sempre nel pit, “innalzato” dalla forza del pubblico, canta la bellissima “Falling Slowly”, scritta da Glen Hansard e Markéta Irglová per il film Once, del quale sono stati i protagonisti e per cui nel 2007 hanno vinto l’Oscar per la miglior canzone.
Si finisce con una travolgente “Rockin’ In The Free World” di Neil Young e con “Hard Sun”, altro brano dalla colonna sonora di Into The Wild, guidato da un loop partito dopo che Eddie Vedder ha azionato un registratore a bobine presente sul palco.
“You make me strong“. “Voi mi rendete forte“.
Quando Eddie Vedder pronuncia questa frase alla fine di un concerto che rimarrà nella storia per tanti ottimi motivi, sembra davvero voler incrociare lo sguardo di ognuno dei circa 40mila presenti.
E sembra averlo fatto per davvero, dopo essere entrato nei cuori di ognuno di loro in una maniera più unica che rara…
Leonardo Follieri
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