La prima volta che ci si trova di fronte a Tommy Emmanuel lo shock è inevitabile, si è investiti da troppi sentimenti ed emozioni contrastanti, fino a che non ci si affloscia lentamente sul proprio posto per venire definitivamente assorbiti nello spettacolo.La tappa romana del 5 luglio scorso è stato l’ennesimo grande concerto del chitarrista australiano, infaticabile e inarrestabile nel suo continuo tour giramondo. Il rapporto di Tommy con il pubblico italiano è da sempre particolare, lo aveva confessato anche a microfoni spenti prima della nostra ultima chiacchierata, ed anche in quest’occasione nel prato della Casa del Jazz di Roma niente è stato smentito. Chi scrive ha assistito ormai a diverse esibizioni di Emmanuel ed è ormai convinto di ciò che dopo i primi live era soltanto un pensiero affiorato timidamente.
Ammirare Tommy nel suo consueto live show è qualcosa che trascende lo stesso atto performativo. Pensandoci bene sullo stage non c’è che un uomo, certo non consueto, due chitarre, talvolta tre e niente più. Quando ci si accomoda sulle sedie per la prima volta ed Emmanuel calca i primi passi sul palcoscenico molte aspettative corrono facilmente nella testa ma potete star pur certi che ognuna di esse verrà elusa.
Tommy Emmanuel sposta il microfono per prendere spazio sul limitare del palco ed il concerto inizia, tutti hanno un brano che attendono con ansia di poter ascoltare e con buone probabilità tutti verranno accontentati nelle due ore abbondanti di musica che seguono. Questa affermazione contiene in sé una verità molto più grande di ciò che può sembrare, perché a pensarci bene Tommy Emmanuel è davvero l’unico chitarrista in circolazione a non fare mai il chitarrista per davvero.Spesso si dice essere unico nel suo genere, spesso si sente dire che i suoi brani hanno un sentimento particolare, spesso si fa fatica a comprendere come sia possibile restare incollati ad un uomo e la sua chitarra per più di due ore. Tommy Emmanuel ha ricevuto un dono e ne ha fatto la sua vita e la sua passione, senza mai smettere di alimentarla, senza mai smettere di faticare ma soprattutto senza mai smettere di sbagliare. Chi conosce bene il nostro, sa che ci sono molti altri chitarristi al mondo cui rivolgersi per un’esecuzione al limite del digitale, ma non è assolutamente questo il punto.Se sono i virtuosismi di Guitar Boogie o di Train to Dusseldorf che volete, Tommy non avrà problemi ad eseguirli, se andate in cerca delle grandi melodie di Mombasa, Angelina o Saltwater, Tommy non avrà alcun disturbo ad accontentarvi. È la perfezione nel fraseggio e intreccio del Beatles Medley che v’intriga al punto da comprare il biglietto? Anche in questo caso nessun problema.
Tommy Emmanuel è un virtuosista del cuore, qualsiasi cosa decida di suonare vi lascerà sempre a bocca aperta. Per quel suo sorriso di bambino, per quella sua voglia di non andarsene mai dal palco, per il peso di ogni nota calata sempre sullo scadere dell’esatto momento in cui era richiesta. E se nel mezzo di tutto ciò troverete una sbavatura o un errore rispetto al disco che avevate imparato a memoria a casa, comprenderete presto che è solo quando anche l’errore va a tempo con il metronomo e con il picco massimo del divertimento, che si è davvero inimitabili.
Giusto per onor della recensione, nella tappa del 5 luglio romano Emmanuel non ha risparmiato nessuno dei grandi brani che l’hanno reso famoso, Guitar Boogie, Angelina, Mombasa, For Those Who Wait, That’s the Spirit o Tall Fiddler, aggiungendo materiale meno noto come The Trails, Old Photograph, Halfway Home o la cover di Sixteen Tons di Merle Travis. Tommy Emmanuel ha creato un genere a sé stante. Molti, anche famosi, hanno provato a seguirne le orme senza accorgersi di essere infine solamente delle sbavature del dipinto originario, privi del sentimento che rende Tommy inimitabile, privi delle stesse sincere emozioni riposte musica. Non si può dare un giudizio su un concerto di Tommy Emmanuel perché dovrebbe essere consigliato come propedeutico alla regolare crescita di ogni musicista, chitarrista o meno. Per rapire tutti lo scorso 5 luglio a Roma Tommy avrebbe anche potuto solamente sbattere le mani sulla chitarra e tenere il tempo. Scusate, rettifico… ha fatto anche quello ed è stato eccezionale come sempre.
Lunga vita al Re.
Francesco Sicheri
Teniamo a ringraziare sentitamente Riccardo Cappelli per la sempre costruttiva e importante collaborazione. Dulcis in fundo vogliamo ringraziare anche Stefano Caporilli per l’apporto fotografico realizzato in esclusiva per la stesura di questo articolo.
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