Devo ammetterlo, sono giorni che i miei pensieri si stanno arrovellando su quest’ultima notizia che va a dare l’enessima punta di colore – sin troppo accesa – al panorama già a tinte forti dell’universo vinilico-musicale.
Partiamo innanzitutto dalla notizia: la Supersense, una ditta austriaca, a quanto pare è riuscita in qualche modo a convincere la major Universal Music Group a concedergli l’uso delle bobine dei nastri originali (master tapes) di alcuni dischi che hanno fatto la storia. Citiamone uno su tutti: A Love Supreme di John Coltrane.
Fonti analogiche alla mano, il loro operato non è stato realizzare dei nuovi vinili o magari “super/ultra vinili” come gli attuali One Step della Mobile Fidelity o gli UHQR della Analogue Productions, che sono costosi ma, fidatevi, stupefacenti a livello sonoro.
No, l’idea di Supersense è andata ancora più all’estremo, superando ogni idilliaca fantasia di un collezionista: vendere direttamente le lacche di incisione.
Se qualcuno di voi sta sghignazzando perché pensa alle lacche per capelli… ok la battuta ci sta, ma per capire un po’ meglio certi termini tecnici consultate il nostro Glossario dei dischi in vinile.
Che cos’è una “lacca”
Brevemente, una lacca (laquer) o “acetato” è in pratica la prima matrice nel percorso di stampa di un disco in vinile, un disco composto di particolari materiali che viene inciso – tramite bulino incisore – utilizzando direttamente la fonte primaria (analogica o digitale).
La cosa migliore è osservare il tutto con i vostri occhi, con un video che mostra come avviene l’incisione.
Fino a poco tempo fa c’erano due produttori di lacche “vergini” al mondo, Apollo/Transco e MDC, purtroppo uno di loro (Apollo) è stato completamente spazzato via da un incendio, creando non poco panico sul mercato (soprattutto ora che la major si sono risvegliate e stanno mandando tutta la produzione di dischi in overbooking, causando forti ritardi delle release e l’impossibilità di accedere al lavoro delle stamperie per etichette medie e piccole, NdR).
Una lacca è quindi il primo passo nel processo di produzione del vinile, i solchi sono incisi sulla facciata vergine. Senza tediarvi oltre, sappiate che poi da qui al disco in vinile ci sono altri 3 passaggi di calchi positivi e negativi, chiamati “padre”, “madre” e “stamper”.
Quest’ultimo è quello utilizzato (fino a un certo numero di pressature, poi si degrada e va rifatto) per l’effettiva produzione del disco che ci portiamo a casa dal negozio e ascoltiamo sul nostro giradischi.
Ora, in ognuno di questi passaggi c’è un po’ di degradazione sonora, ma chiariamo subito che se il lavoro è fatto bene, questo degrado sarà più che accettabile. Pur tuttavia è indubbio che più siamo vicini alla lacca, più siamo vicini al suono della fonte originale.
Per questo la Mobile Fidelity ha creato la suddetta serie “One Step”, dove non ci sono più i passaggi di padre e madre ma dalla lacca viene direttamente ottenuto lo stamper. Ve ne ho parlato durante la puntata di TCUD dedicata a un disco di Mingus.
E ora scatta l’apparente conclusione logica (da inesperto): se quindi mi vendono la lacca, visto che sono copie dirette 1:1 dai nastri originali, avrò il suono migliore possibile!
mmmh, si ok, però…
Qualcosa di illogico?
Però… qual è il problema? Ebbene, le lacche master di solito vengono ascoltate poche volte e solo per due scopi: il primo è verificare che tutto vada bene nel trasferimento tramite incisione, il secondo è per l’artista/produttore/casa discografica, in modo che la musica finalizzata venga valutata in ogni sua peculiarità.
Ma il problema è questo: le lacche non sono dello stesso materiale di cui è fatto un vinile. Sono realizzate in materiali assai più soggetti a deterioramento, il che provoca un decadimento sonoro più rapido e l’aumento di rumori di fondo.
In quanto tempo ciò avvenga non è prevedibile per vari fattori in gioco, ma se vengono sottoposte ad ascolti più o meno frequenti, sicuramente una frazione della vita di un disco in vinile “normale”.
Il punto è che tranne gli ascolti “test” di cui vi ho detto prima, queste lacche non nascono per essere ascoltate, ma per fare da matrice ai dischi “veri”.
E quindi veniamo a quest’offerta di Supersense, che a prezzi che sfiorano i 400 euro ci vende un box in cui troviamo queste lacche dalla vita certo non simbolo di longevità (anche se i primi ascolti saranno sicuramente una goduria).
Insieme alle lacche c’è una serie di gadget che vanno ad aumentare l’hype. Ad esempio, alcune foto dell’artista stampate su Polaroid.
La fattura dei box bisogna ammettere che è davvero maniacale, dalla stampa dei caratteri, ai tool protettivi, alle cuciture, tutto fatto a mano copia per copia da specialisti del settore. Su questo nulla da dire, siamo ad alti livelli artigiani.
Altri dubbi leciti
Ci sono poi altri dubbi che non riesco a togliermi dalla testa, suggeriti in un articolo del noto giornalista e appassionato di dischi Michael Fremer.
Prima di tutto, i box sono offerti in numero limitato, per Coltrane ad esempio si parla di questi numeri: da 01 a 99 “Premiere cut” e poi da 01-550 “USA edition”. Che significa? Io non lo so e neanche il sempre informatissimo Fremer ha saputo dare una spiegazione precisa.
Il secondo dubbio, più serio, riguarda proprio i nastri originali: Fremer ad esempio afferma, nel caso del disco di Coltrane, che “mi è stato detto che il nastro usato è il nastro originale che Rudy Van Gelder ha rifiutato anni dopo la prima pubblicazione a causa di difetti. Invece ha scelto la copia del nastro inviata nel Regno Unito poco dopo la registrazione. Apparentemente è in condizioni migliori e suona meglio. Però qui potete ottenere il nastro originale inciso lacca in questa presentazione deluxe e suonarlo o appenderlo al muro.“
Fremer sta comunque difendendo per altri versi la produzione di queste lacche, dando vita peraltro a una sorta di “soap opera” niente male con il suddetto Mike Esposito.
Quindi…
La mia opinione? Piuttosto semplice e prenderò ancora una volta il bellissimo A Love Supreme come esempio (ma lo stesso vale anche per il disco di Getz/Gilberto): volete veramente un’edizione di questo disco da ascoltare per molti anni con delle performance sonore di elevata qualità?
Da qualche mese è uscita la ristampa audiofila sotto la serie “Verve Acoustic Sounds“. Prendete una copia di questa riedizione (prima che finiscano) a 1/10 del costo di queste lacche.
Il mondo dei dischi subisce ogni tanto alcune estremizzazioni che non dico che siano del tutto giudicabili in negativo, ma sicuramente porgono l’altra guancia a coloro che sostengono che il ritorno del vinile sia solo una questione di marketing.
Non è così, ma queste operazioni commerciali “clamorose” certo non aiutano a calmare le acque.
Comunque sia questo è solo il mio punto di vista e non voglio assolutamente gettare discredito su un’azienda che non fa solo questo e che si professa come calata anima e corpo nella conservazione del vecchio mondo analogico, il che per me è sempre una cosa lodevole nelle intenzioni.
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