I dischi in vinile colorati suonano peggio di quelli neri “normali”? Risposta breve: no. Però, alcune precisazioni vanno fatte…
“Io preferisco il disco nero, sicuramente si sente meglio perché più naturale“.
Frasi come questa si sentono spesso ora che il vinile è tornato prepotentemente in auge (o di moda, come preferite). Purtroppo, queste uscite rientrano come tante altre tra le sciocchezze che si generano, purtroppo, in ogni campo quando una tecnologia dimenticata ritorna ma non è accompagnata dalla stessa cultura del tempo, proprio perché non viviamo più nella sua epoca d’oro e non abbiamo le dovute conoscenze per avere un pensiero critico reale sul prodotto finito.
Sfatiamo prima di tutto il mito: il disco “nero” è a tutti gli effetti un disco colorato. Non c’è nulla di “naturale” nel vinile nero.
Questo perché il PVC, il materiale di cui sono fatti i dischi, è trasparente e se non vi fossero aggiunte delle sostanze coloranti, non avrebbe affatto il tipico aspetto cui siamo abituati.
Ci sono alcune spiegazioni, in cui ora non scenderò, secondo cui la sostanza (carbone) da cui deriva il nero darebbe un contributo alla solidità strutturale e alla resistenza del disco sotto la puntina, quindi anche alla scorrevolezza di quest’ultima, ma sono a mio parere pensieri che lasciano il tempo che trovano a fronte del fatto che non essendo i vinili prodotti da un unico stabilimento, ognuno avrà i suoi processi produttivi e la sua qualità di realizzazione.
Per cui si può mettere anche la polvere magica di Peter Pan, ma un vinile mal stampato suonerà sempre per quello che è…
Piccola eccezione potrebbero fare i dischi lasciati trasparenti, ma anche in questo caso si tratta di teorie non verificate e comunque di differenze talmente minime (se esistono…) di cui non vi accorgereste mai.
Se ascoltate tutti i giorni lo stesso disco in vinile per anni e anni (che noia!), si consumerà perché è pur sempre un supporto meccanico, non perché è di questo o quel colore o senza.
Quindi, in linea teorica (ma anche pratica se si tratta di dischi ben fatti) comprare un disco colorato o un disco nero è totalmente equivalente. Non sentitevi più esperti se rifiutate a prescindere i colori sgargianti perché ne supponete minori doti audiofile.
Però…
Già, c’è un però, anzi, più d’uno.
Innanzitutto: molto spesso i dischi colorati sono messi in commercio da quelle etichette che non stampano con elevata qualità e quindi cercano di far recuperare all’occhio ciò che sottraggono all’orecchio…
Per cui se avete una copia di Kind of Blue di Miles Davis presa a 13 euro o poco più che sfoggia un bel colore blu (guarda caso…) e vi accorgete che la qualità non è la stessa dello stesso disco nero in possesso di un vostro amico, non c’entra affatto il colore, c’entra che siete stati allettati dal prezzo e siete stati troppo frettolosi nell’acquisto, invece che concentrarvi su chi ha stampato il disco, da quale fonte audio e come.
C’è poi il discorso dei Picture Disc, come nell’esempio fotografico qui sopra.
I PD non sono vinili colorati! I vinili colorati di rosso, blu, giallo etc… oppure anche bicolori, oppure ancora con “macchie di colore” mischiate per creare un effetto particolare, sono ottenuti, come suddetto, dall’aggunta di coloranti che donano il pigmento.
I PD sono invece tutt’altro sport: si tratta di dischi a 3 strati (solitamente) sovrapposti: il primo è un supporto liscio trasparente, il secondo è quello dell’immagine scelta, il terzo è un ulteriore strato di PVC trasparente stavolta però con i solchi incisi.
Si sentono male i Picture Disc? Ebbe spesso sì. Ma non perché, come pensa qualche fantasioso, la puntina “scorre sui disegni“. Semplicemente perché l’ultimo strato di PVC dove avviene la stampa dei solchi è assai più fine rispetto a un disco normale, il che implica una resistenza assai minore e una ben più alta probabilità di difetti di stampa durante la produzione.
Sarò drastico, ma a mio parere i PD sono dischi buoni da arredamento, per appenderli al muro o poggiarli sui mobili in qualche maniera. Non per ascoltare la musica.
Spero di aver fatto un po’ di chiarezza sulla questione.
Sarei potuto entrare nella descrizione di alcune eccezioni di cui tenere conto, tra cui i vecchi Red Wax giapponesi, dal color rosso sangue e a quanto pare realizzati con apposite miscele per essere molto silenziosi al di sotto della musica. Ma, del resto, i vecchi dischi giapponesi lo sono quasi tutti molto silenziosi, non me la sento di traghettarvi su edizioni magari vendute al doppio del costo solamente per questi motivi…
Vi ricordo che quando comprate un nuovo disco in vinile conta solo: l’etichetta che stampa il disco, chi si è occupato della lavorazione e da quali fonti, dove è stato stampato.
E purtroppo, parlando di vere etichette “audiofile”, è un mondo dove il “più spendo, meno spendo” è un modo di dire spesso ancora valido.
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