Il disco consigliato di questa settimana è Forever Changes dei Love, ma si potrebbe anche dire un disco di Arthur Lee.
Non certo per sminuire la band e neanche il talento di gente come Bryan Maclean, che pur partecipa alla scrittura di due brani e vi mette la voce, ma ci sono pochi dubbi sul fatto che questo sia un disco scritto quasi interamente dal quel grande chitarrista-cantante, amico di Jimi Hendrix, dal nome Arthur Lee.
Insieme a lui a dirigere una nave alla deriva a causa di grandi problemi di tossicodipendenza ci sono, nel ’67, Bruce Botnik, fonico di tutti i dischi dei Doors, e David Angel, che si occupa degli arrangiamenti orchestrali.
Dal lavoro creativo di queste tre menti, e l’aiuto di alcuni session man, viene fuori “Forever Changes”, l’album che Lee voleva fare “prima di morire”.
Ma non morirà, non di droga, non in quegli anni.
L’album non sarà un successo, probabilmente oscurato da quei Doors che stanno portando ben più introiti nelle tasche della Elektra Records, un’etichetta a cui si deve riconoscere di aver scoperto da zero alcuni dei più grandi talenti del rock e del proto-punk.
Come a volte però succede, un insuccesso nei negozi non vuol dire un album dimenticato.
Ne terranno memoria i critici, tanti illustri colleghi (alcuni nel tentativo fallito di imitarlo), moltissimi cultori di musica, autori di libri e guide all’ascolto, tantissime riviste che inseriscono l’album tra i migliori mai registrati.
Addirittura un gruppo di membri del parlamento britannico nel 2002 porterà all’attenzione questo disco elogiandolo come “one of the greatest album of all time“.
Io sono convinto che a esaltare troppo le cose, poi non se ne tragga gusto come si deve. Odio le aspettative.
Secondo me dovete solo mettervi comodi e lasciarvi trasportare in questo mondo di psychedelic-folk.
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