Siamo nel 1958, quando la musica di Monk la suonava solo Monk, o quasi. Ma Steve lacy, sopraffino sassofonista americano, aveva meditato molto su quelle composizioni e decise di dire la sua.
Suonare le composizioni di Thelonious Monk senza di lui a dirigere la band, negli anni ’50, in un momento in cui ancora Monk era nel pieno delle sue energie, non era certo cosa facile. E come ci racconta il grande storico e giornalista Ira Gitler, il più delle volte chi tentava di suonare quei brani finiva per fare fiasco in confronto all’originale, una copia sbiadita.
Monk, del resto, è uno dei padri dei più grandi standard della musica jazz. Lui, Ellington, Mingus e pochi altri sono state le fucine di tutto ciò che ancora oggi viene considerato alle basi del genere.
Ma Steve Lacy, all’anagrafe Steven Norman Lackritz, non era solo un sassofonista di grande talento, ma anche un acuto ascoltatore, un uomo di grande intelligenza, l’uomo adatto a suonare Monk senza sfigurare.
Reflections è il primo disco di “riflessioni” (in duplice significato come capite dalla copertina), appunto, sulla musica di Monk da parte di Lacy, che per molti anni affronterà ancora e ancora i brani del Maestro.
Pare che quest’ultimo lo ascoltò e apprezzò molto, insomma, fu promosso a pieni voti. E come dargli torto, basta porgere un orecchio ed è facile riconoscere un’abile maestrìa di Lacy nel confezionare un suo primo ma già ottimo omaggio al suo idolo.
Addirittura, pare che Monk riniziò a suonare il brano “Ask Me Now” proprio dopo aver ascoltato il lavoro di Lacy, pezzo che non aveva più toccato dagli anni ’40.
La connesione tra Monk e Lacy si deve anche a un’altra figura assai centrale in quegli anni per i musicisti jazz: Pannonica de Koenigswarter, alias Nica la Baronessa, vera e propria mecenate che con la sua fortuna diede supporto ai migliori musicisti in circolazione, tra cui Thelonious. Fu lei a insistere con quest’ultimo che andasse ad ascoltare Steve Lacy ed è quindi grazie a lei se questi due jazzisti condivideranno poi il palco.
Tanto per capire quanto la “Baronessa” fosse vicina ai jazzisti, basti ricordare che fu nella sua camera d’albergo che trovò ultimo rifugio e poi, purtroppo, la morte Charlie Parker, il genio del sax.
Come dico anche nel video, c’è una connessione tra Steve Lacy e John Coltrane, di nome Elvin Jones. Che grande batterista!
Ma la connessione tra i due sassofonisti non finisce qui. Fu Lacy a far interessare Coltrane al sax soprano (con cui inciderà lo stratosferico My Favorite Things), che non sapeva neanche in che tonalità fosse prima di parlarne con lui. Lacy racconta che passò poco tempo e ricevette una chiamata da Don Cherry. Lui e Coltrane erano a Chicago e quest’ultimo stava suonando il soprano. Don Cherry disse per telefono a Lacy “Senti qua!“
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