Mi vengono in mente, sicuramente ne avrete sentito parlare o lo avrete visto in qualche film, quei turisti che arrivano a Los Angeles, anzi, a Hollywood, armati di una di quelle “mappe delle residenze delle star”, fondamentalmente per andarsi a fare delle foto piuttosto inutili davanti ai cancelli delle ville dei propri attori preferiti.
Ecco, per fortuna in questo caso il nostro fine non è così futile, ma in effetti con questo Echo in the Canyon abbiamo tra le mani una vera e propria mappa dalle molteplici funzioni: una funzione geografica, che identifica la zone del Laurel Canyon in cui hanno vissuto a stretto contatto alcune delle più grandi menti musicali di sempre a metà degli anni ’60, e una funzione temporale, perché con i brani si fa un tuffo indietro in quello che è stato un periodo creativo davvero inimitabile.
Laurel Canyon con tutti i musicisti che vi hanno vissuto, dai Byrds ai Buffalo Springfield, da Frank Zappa a Jim Morrison passando per Brian Wilson dei Beach Boys ecc… è stata la fucina del “California Sound”, del “West Coast Rock”, quel genere musicale che dal folk si è evoluto prima in folk elettrico, poi in rock e in psichedelia.
L’eco che si diffuse in questo lembo di terra occupato dalle strette colline delle Hollywood Hills fu così forte da arrivare sino in Inghilterra, la patria dei Beatles, trasformando le prede in predatori si potrebbe dire, cioé coloro che avevano alimentato la creatività musicisti americani (i 4 baronetti appunto) furono a loro volta influenzati da questi stessi loro ammiratori e diventarono assetati di quel sound.
In questo modo sono nati dischi che hanno cambiato il corso della storia, una storia che va raccontata e questo disco, tratto dall’omonimo film documentario, lo fa in maniera affascinante.
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