Arrivato al suo settimo album solista, Steven Wilson, oramai 56enne, si guarda indietro senza però perdere la nuova strada intrapresa da qualche anno, prima con To The Bone e poi con The Future Bites.
The Harmony Codex è un disco che non ha limiti di genere, ma allo stesso tempo non è certo un’accozzaglia di brani nati dalle varie sfaccettature passate e presenti dell’artista inglese.
Ha un marcatissimo filo conduttore, benché ogni brano viva una storia propria e delle proprie artmosfere.
In questo album c’è tutto lo Steven Wilson a cui siamo abituati, ma senza che questo voglia dire “rifare il già fatto”. Non è un disco per chi ancora aspetta un Hand. Cannot. Erase. parte seconda.
Certo, tornano qui le chitarre, ma al produttore musicale – capirete nel video perché usiamo questo titolo – Mr. Wilson non sono mai piaciute le frittate rigirate e infatti ci mostra nuovamente un “morphing” del suo stile, benché fatto di tante componenti già conosciute, ma rielaborate sotto tutt’altra luce.
L’album, a cui non daremo un banale voto numerico ma che, se mai fosse, ne meriterebbe uno piuttosto altino, è coraggioso, in quanto come al solito creato da Wilson con composizioni, arrangiamenti e addirittura mixaggi che non tengono conto di regole prefissate e “consuetudini”.
Hands Off It’s Mine, il nome della sua stessa etichetta discografica la dice lunga…
Per l’occasione, ho deciso di parlare di questo disco con due grandi amici ed esperti della musica di Steven Wilson, ovvero il musicista, fonico e producer Giacomo Pasquali e il grande appassionato di musica e chitarrista Emanuele Perri.
Buona visione!
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