Ironico il fatto che un album di debutto si chiami proprio Closing Time, che farebbe pensare quasi a un ultimo addio alle scene. Ma questo è Tom Waits signori, imprevedibile e magico.
Thomas Alan Waits, Tom per i milioni di “amici” in tutto il mondo, è un faro ancora acceso nel panorama musicale mondiale. Un artista capace di stupire e che ha regalato a tutti noi straordinarie perle musicali.
La sua storia è quella di molti grandi cantautori, che dopo una dura giornata di lavoro si trovavano a esibirsi per ore nei club, sperando di essere notati da qualcuno del “grande giro”. E così fu, Waits incontrò David Geffen della Asylum Records e da lì iniziò la sua storia.
Questo album riflette il giovane Waits, ma di tutto si può parlare tranne che di musica “giovane”. Sembra già un artista maturo e malgrado una certa indole rock’n’roll, in tutti i sensi, il suo primo album è raffinato, galante, “da meditazione” come si direbbe di un buon vino.
E in questo periodo è facile immaginare un vinile girare sul giradischi in un salotto con un camino acceso, entrambe le cose, focolare e musica, sono un’ottima fonte di calore contro i primi freddi invernali (e certe filastrocche natalizie che, ahimé, incombono sulla discografia mondiale come ogni anno…).
Di quest’album non voglio scrivere di più, vi lascio ascoltarlo, a occhi chiusi (ottimo se siete in compagnia della vostra dolce metà).
“Closing Time” è il brano che chiude, appunto, l’album. Il produttore Jerry Yester ha dichiarato che la session di registrazione fu magica a tal punto che una volta conclusa ci furono 5 minuti di totale silenzio sia in sala regia che in quella di ripresa da parte di tutti.
Buon ascolto…
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