A Salty Dog, che tradotto letteralmente sarebbe “un cane salato“. No, non è una variante dell’hot dog, ma un’espressione che corrisponde al nostro “lupo di mare”. Ma soprattutto, è un favoloso brano e uno stupendo disco dei Procol Harum.
Cosa si può dire del 1969? Niente, se non la voglia di avere una macchina del tempo e tornare in un mese qualsiasi, per vedere le classifiche musicali piene di maestosi esordi discografici, come quelli di King Crimson, Led Zeppelin, Blind Faith e molti altri, nonché traboccanti di dischi di successo, come Abbey Road dei Beatles, Tommy degli Who, lo sperimentale Ummagumma dei Pink Floyd e questo splendido A Salty Dog, frutto di una delle band considerate le fondamenta del progressive rock.
Pur tuttavia, questo non è un album progressive. Anzi, potremmo definirlo in tanti modi, ma non progressive. Tanto che la cosa destò qualche sgomento e frustrazione nei critici.
I Procol Harum, guidati dalla magnifica voce e pianoforte di Gary Brooker, scelgono qui di lanciarsi a ruota libera in un più melodico rock classico (“The Devil Came form Kansas” o “All This And More”), in dolcissimi temi acustici (“Too Much Between Us”), in canzoni accompagnate da orchestra (la meravigliosa title track), nel blues più grezzo e radicale (“Juicy John Pink”) e addirittura in brani alquanto giocherelloni (“Boredom”).
Se quindi in questo fine settimana avete perso la vostra rotta musicale, vi offo una scialuppa di salvataggio e ospitalità nella divertentissima e raffinata ciurma dei Procol Harum.
E se il batterista, B.J. Wilson, una volta sentita per la prima volta la canzone “A Salty Dog”, abbozzata a pianoforte e voce, disse che era la più bella canzone che avesse mai ascoltato… almeno la curiosità di farvi un giro su questa nave dovreste averla!
Aggiungi Commento