Nello scenario post-divorzio della famiglia Sonic Youth, Lee Ranaldo rischiava di recitare la parte del figlio in custodia, sballottato dai battibecchi tra mamma Kim e papà Thurston. A qualche anno da che si consumò la separazione fa piacere notare invece che se la sia cavata egregiamente, e che siano anzi sue le corrispondenze in cui ci si addentra con più serenità nel ricordo della New York dei tempi che furono.
Prendete questo Electric Trim, che in un colpo solo torna al marchio Mute Records, etichetta dei primissimi singoli della Gioventù Sonica, e riacchiappa i favori di Richard Prince, l’artista che stava dietro all’artwork di Sonic Nurse e che qui firma un inconfondibile scatto di copertina.
Si sarà capito che in queste nove tracce si respira una certa aria di casa newyorchese, anche per via della presenza dei fidati Steve Shelley e Nels Cline, rispettivamente ai tamburi e alla chitarra, e nientedimeno che Jonathan Lethem, coautore dei testi di sei dei brani in scaletta.
Forse è anche per assecondare questa nuova ambizione letteraria che il tutto suona meno power pop di quanto i due dischi precedenti ci avessero abituato, mentre si indulge spesso e volentieri nello spoken word, come in “Morocco Mountains”, una sorta di diario di viaggio per chitarre esoticheggianti.
È una formula relativamente nuova per Ranaldo, che non sempre funziona a dovere (“Purloined” è un tentativo di oratorio che gira un po’ a vuoto) ma quando lo fa ci restituisce il profilo di un autore che non teme paragoni importanti. “Circular (Right As Rain)” e “Let’s Start Again” suonano come due affettuosi omaggi a dei R.E.M. in stato di grazia, da qualche parte tra i gusti paisley di Green e il pop rumoroso di Monster.
Se non proprio un capolavoro, Electric Trim è una cartolina dai luoghi del rock indipendente che più ci aggrada, con l’unica pecca di aver criminosamente sottovalutato una Sharon Van Etten relegata a poco più che corista in Last Looks.
Simone Dotto
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