Personaggio dai ruvidi trascorsi folkloristico-psichedelici, Paolo B.J. (Biggeo per gli amici) ci propone un album anomalo, o quantomeno inaspettato, già a cominciare dalla bella immagine di copertina, insolitamente curata, in perfetto stile minimalista con contaminazioni “naif” da cui potete recuperare la scaletta dei brani, che solo a sprazzi si concede alle intemperanze che hanno contrassegnato la sua carriera di musicista. Il CD comincia un pò in sordina sulle note quasi “dimesse” di Why Not, per poi prendere immediatamente quota nei successivi 13 tiratissimi brani in cui la prevalenza di atmosfere elettroniche in puro stile Eighties (di derivazione ora Zawinuliana, ora Breckeriana) non priva di una certa piacevolezza canzoni che poggiano su arrangiamenti spesso curiosi, non dirado furiosi, anche se talvolta ossessivamente amalgamati.Più WeatherReportiane di così non potevano essere perle come Once Again (titolo che pare sia stato suggerito dalla moglie) o Early Morning (che anche per la sua inaspettata brevità, oltre che per la collocazione temporale della “situazione”, pare proprio essere la risposta dell’ artista al tema precedente): l’ influenza “meteorologica” è infatti percepibile in tutto l’ album o quasi, al punto che le somiglianze sono a volte imbarazzanti. A parte questo, il disco vive di una tensione propria che deriva dalle atmosfere evocative generate dall’ ambientazione esotica di brani quali Viesù e Africa, per non citare Middle East o addirittura i velati richiami latinoamericani di Fast Track e George, che consentono al “nostro” di evitare, anche se per poco, il sospetto di clonazione. Cionostante non possiamo esimerci dal tessere le lodi di un audace e lungimirante artista quale è il Biggeo, la cui raffinatezza formale si manifesta negli impasti elettrici di tastiere e zampogne scozzesi (Scottish Cross) che si fanno decisamente ricchi ed intensi, in virtù del tessuto ritmico dominato da un basso di grande statura ed un uso delle percussioni che non cessa mai di smetterla di soprenderci. Concludiamo citando il brano che ci è più caro, il conclusivo Seen , nel quale l’ intreccio degli overdrive e delle chitarre acustiche, pennellano insieme agli archi e ai legni i chiaroscuri a tratti spettrali di un paesaggio ambiguo ed instabile, dominato da una sezione ritmica in 9/8, che definire “inquietante” è sicuramente riduttivo.Per chi volesse ascoltare i brani in questione vi consigliamo di linkarvi al sito personale di Paolo Biggei.
Casa discografica: Cheapest Digital Studios
Anno: 1998
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