Il batterista statunitense alla testa di un impegnativo trio con sax tenore e contrabbasso si conferma tra le voci guida dell’odierna arte percussiva.
Non fa certo difetto il senso dell’umorismo a Bill Stewart, batterista originario di Des Moines, Iowa, tra i più celebrati nella scena jazzistica contemporanea.
La copertina del suo nuovo album solista, intitolato Band Menu, parla da sola in questo senso. Nella divertente foto che campeggia sulla cover, accanto al nome del percussionista e in caratteri leggermente più piccoli troviamo quelli del sassofonista tenore Walter Smith III e del contrabbassista e suo abituale collaboratore Larry Grenadier.
Un trio senza pianoforte (o chitarra), quindi, una delle situazioni più impegnative, ma anche potenzialmente più esaltanti per un batterista, data l’assenza di uno strumento armonico per l’accompagnamento e la necessità di sopperire a tale assenza senza però cadere nella tentazione di suonare troppo.
Di certo Stewart in quest’album non si risparmia, ma a 50 anni da poco compiuti ha ormai raggiunto quella maturità artistica che gli impedisce di esagerare o di operare scelte che non siano all’insegna della più grande musicalità e di un gusto raffinatissimo, anche nei momenti dinamicamente più impegnativi dell’album.
Le sue scelte sono sempre perfette e le sue invenzioni a commento delle frasi del solista continue e sorprendenti, frutto di un’incredibile velocità di pensiero e della capacità di tradurre e trasferire sullo strumento tutto ciò che gli passa per la testa con una chiarezza esemplare.
Oltre a confermarci la statura assoluta del Bill Stewart batterista, Band Menu ci consente di apprezzare anche il compositore, dato che ben sette brani su nove sono a sua firma.
Un album intenso e di grande spessore, che ha nel serrato interplay di “F U Donald”, nel duetto basso batteria di “Hair and Teeth”, nel superbo lavorìo di spazzole di “Invocation” e nel tirato accompagnamento swing di “Think Before You Think” i suoi momenti più coinvolgenti.
Aggiungi Commento