Dopo i primi due album che non avevano ottenuto grosso favore da parte del pubblico (Greetings From Asbury Park N.J e The Wild The Innocent & The E-Street Shuffle, che contenevano comunque dei brani ottimi) nel 1975 venne alla luce questo Born To Run, destinato a lasciare una traccia indelebile nella storia del rock; il manifesto di una generazione di giovani americani in cui nasceva una insostenibile voglia di fuggire da una realtà capace solo di creare disadattati. Questo è Bruce Springsteen, il cantore dell’altra faccia del sogno americano, di quella parte di mondo, fatta di oppressi e sconfitti, dalla quale non vuole assolutamente farsi catturare: “It’s a town full of losers and I’m pulling out of here to win” (è una città piena di perdenti e io sto andando via da qui per vincere), da Thunder Road. Qualcuno ebbe a definire questo album il più grande della storia del rock & roll; lasciando perdere certe considerazioni che sono sicuramente soggettive, bisogna comunque ammettere che Born To Run è uno disco di rock puro, che forse per la prima volta riesce a coniugare, sposandoli in un’alchimia perfetta, la scuola di Chuck Berry e dei padri del R&R, con quella dei song-writers da Woody Guthrie a Bob Dylan (che lo definì addirittura “il mio fratellino”). Le sonorità di questo album non sono sicuramente fra le più innovative, ma racchiudono in meno di 40 minuti, 50 anni di musica americana. Il piano del “Prof.” Roy Bittan e l’armonica di Bruce introducono le prime parole di Thunder Road, stupenda ballata il cui tempo, in continuo crescendo, porta a ritmi piu’ rock sprigionando la carica di chi ha deciso di “fuggire per vincere”. La degna conclusione di questo, che a mio parere è il brano più bello dell’intera produzione springsteeniana, è uno struggente solo del sax di Clarence “Big Man” Clemons. Tenth Avenue Freeze-out è un classico R&B; Night è forse l’episodio meno riuscito dell’intero album. Backstreets è un brano stupendo in cui le graffianti chitarre di Bruce e il piano del solito “Prof.” si fondono splendidamente in un arrangiamento a dir poco perfetto. La title-track non pensiamo abbia bisogno di presentazioni: un brano di grande impatto, destinato a diventare il simbolo di un’artista che da sempre tutti ricordano come “nato per correre”. She’s The One, dal ritmo incessante, e Meeting Across The River, ballata accompagna dalla tromba di Randy Brecker cedono il passo a Jungleland, straordinaria conclusione di un album dai toni grandiosi: pochi accordi decorati da un arrangiamento superlativo; continui cambiamenti di tempo; uno stupendo solo di “Big Man” Clemons e la magia della voce di Bruce. Questo album sancì la definitiva affermazione di Springsteen nell’olimpo del rock e fu la consacrazione di una delle più grandi live band di tutti i tempi: The E Street Band, che grazie all’innesto di due musicisti del calibro di Max Weinberg e di Roy Bittan, raggiunse la più completa maturità.
Casa discografica: Columbia / Sony
Anno: 1975
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