Avvicinarsi a nomi ormai ascritti a quella cerchia di musicisti inafferrabili per genio e caratura artistica è sempre operazione difficile; spesso e volentieri ci sono due sole modalità per non cadere in quelli che possono rivelarsi infelici esperimenti d’imitazione forzata: puntare sull’originalità del proprio progetto ed infondervi il massimo rispetto artistico e musicale. Sembra proprio che Davide Pannozzo conosca bene queste possibilità, e il suo nuovo A Portrait Of Jimi Hendrix conferma sicuramente la maturità del suo estro e delle sue intenzioni. In lavorazione dal 2013, A Portrait Of Jimi Hendrix è un tributo che Pannozzo sognava da qualche tempo di poter completare e consegnare alle stampe, forte di un amore smisurato per il chitarrista di Seattle e di una grandissima voglia di dire la propria in un repertorio esplorato da tanti, se non da troppi. Otto tracce, molte idee ed un sound senza compromessi, Davide Pannozzo ha puntato in maniera decisa al voler realizzare un prodotto sopra le righe, capace di colpire gli appassionati di Hendrix come anche molti altri ascoltatori. Un tribute album è sempre travisabile, è successo a molti artisti cimentatisi in lavori simili, ma A Portrait Of Jimi Hendrix non riesce ad incappare in questo rischio. Fin dalla prima traccia, “You Got Me Floating“, Pannozzo lascia subito intendere che quelli contenuti dalla scaletta saranno semplicemente forti e appassionati dichiarazioni di stima e devozione per un repertorio che ha segnato profondamente la sua crescita musicale. Chitarrista ormai da diverso tempo attivo su molti palchi italiani e internazionali, Davide Pannozzo ha sempre perseguito una strada ben precisa, riconoscibile nelle tracce lasciate dalla chitarra di estrazione rock-blues, creandosi però un contorno riconoscibile ed a lui ormai saldamente associato. Con queste basi anche A Portrait Of Jimi Hendrix rientra nella discografia del nostro come naturale prosecuzione di un percorso artistico che trova anche in un album tributo un’ottima via per esprimere in maniera inedita quella che è una della influenze musicali da sempre più evidenti e marcate. Jimi Hendrix si rintraccia nei brani di Pannozzo anche all’infuori di questo tributo, ma è indubbiamente questa l’occasione migliore per poter assaporare i due scontrarsi in quello che si rivela un succulento pot-pourri musicale, capace di lasciar respirare al meglio l’aura hendrixiana che trapela dalle re-interpretazioni operate da Pannozzo. Una dichiarazione d’amore registrata completamente in analogico, in giorni in cui si festeggiano sempre più i trionfi del digitale. L’album gioca le sue carte anche e soprattutto grazie ad un’accurata selezione di brani, evidentemente dettata da preciso gusto personale piuttosto che da scelte mirate a coprire i grandi classici della produzione hendrixiana. È un album piacevole questo A Portrait Of Jimi Hendrix, in cui, a gusto personale di chi scrive, Pannozzo spicca soprattutto per scelte sonore in fase d’arrangiamento e per il ruolo chitarristico, un po’ meno per ciò che concerne l’apparato vocale, che rimane comunque entro lo spettro qualitativo della produzione. Vincente la scelta di regalare perle come “May This Be Love” o “Have You Ever Been (To Electric Ladyland)“, come anche quella di rivisitare in nuova chiave le inflazionatissime “Little Wing” e “Hoochie Coochie Man“, dipingendone così versioni che arricchiscono il vasto repertorio dei due brani di idee fresche e accattivanti. Insomma, quello di Davide Pannozzo è un album che terrà ottima compagnia ai tanti appassionati hendrixiani, forse qualche integralista di troppo saprà trovare il difetto anche in questo album, sicuramente non si potrà rintracciarne però carenze in quanto a qualità realizzativa e strumentale. Entrati nei primi mesi del 2015 è più che lecito, anche per i più recalcitranti in merito, concedere spazio di manovra all’interno di un repertorio considerato alla stregua del sacro. Ben vengano le “revisioni” a là Pannozzo, soprattutto laddove eseguite con la perizia dimostrata in A Portrait of Jimi Hendrix, più unica che rara nell’oceano di riproposizioni hendrixiane, ufficiali e non. Se ne guardino i più ferrei detrattori della “cover”, non si potranno divertire a criticare. In questo album non c’è voglia di proporre buone imitazioni o aggiornamenti di sorta, Pannozzo vuole esporre sé stesso in maniera decisa e convinta, pronto a dimostrare di saper dire qualcosa in un repertorio tanto importante, da lui assimilato in primis come appassionato ascoltatore. Francesco SicheriNota dell’autore: l’album non può raggiungere le vette più alte della votazione numerica, questo perché come scelta redazionale si è sempre deciso di premiare maggiormente gli album di inediti. È quindi una votazione da assimilarsi tenendo ben presente il rapporto che intercorre fra le due diverse tipologie di album.Genere: Rock
Lineup:
Davide Pannozzo: guitar & vocals
Lello Somma: bass
Simone Pannozzo: drums
Tracklist:
1. You Got Me Floating
2. Have You Ever Been (To Electric Ladyland)
3. If 6 Was 9
4. Red House
5. May This Be Love
6. Freedom
7. Little Wing
8. Hoochie Coochie Man
Aggiungi Commento