I Descendents sono un gruppo nato nel 1978, che si afferma solo nel 1980 con l’avvento del cantante e frontman Milo Aukerman, diventato poi il vero e proprio logo del gruppo con la sua faccia disegnata in modo stilizzato rappresentata sulle copertine dei cd e sul merchandising. E’ sempre grazie a Milo che i Descendents diventano i padri del pop-punk, i primi a parlare nelle loro canzoni delle ragazze o di quanto faccia schifo la vita: storie semplici alla portata di tutti. Il gruppo si scioglie dopo un periodo di inattività, causato da Bill Stevenson batterista e produttore, che si unisce ai Black Flag pensando erroneamente di poter lavorare contemporaneamente con due gruppi così importanti. La reunion della band con il ritorno di Milo alla voce per registrare Everythin Sucks può essere vista come un’operazione della Epitaph per approfittare dell’onda di successo che subì il pop-punk a metà degli anni ’90, con gruppi come i Green Day o gli Offspring; ma questo album può benissimo essere considerato il capolavoro dei Descendents, il loro miglior album, quello più completo, della maturià. In questo disco ogni membro ha partecipato alla stesura dei testi, proprio come vuole la regola non scritta del pop-punk: Karl Alvarez, Stephen Egerton, Bill Stevenson e lo stesso Milo Aukerman danno il meglio di loro stessi, scrivendo ognuno uno o più pezzi, affidati poi alle capaci interpretazioni vocali di Milo. Proprio i testi testimoniano la piena maturazione del gruppo: i Descendents si sono sensibilizzati (forse anche per via dell’età?) tanto da affrontare temi come quello della vecchiaia e del futuro incerto in When I Get Old (“Will I still hate the cops/ And have no class?”), o da capire quanto siano importanti per i fan, ringraziandoli implicitamente in Thank You. Non mancano tracce più veloci ed energiche come Everything Sux, Eunuch Boy, Coffee Mug e la polemica Caught, dedicata al presidente Clinton. I Descendents non dimenticano però i temi classici a loro cari, ovvero i risvolti amorosi con le ragazze: l’amore non corrisposto dall’una o dall’altra parte di She Loves Me e di I’m The One e l’amore puro di We ne fanno delle vere e proprie canzoni d’amore con parole che estrapolate dal contesto non avrebbero nulla di punk; anche Hateful Notebook rivela a sorpresa nel finale di parlare proprio di una cotta per una ragazza. Chiunque pensi che questo disco sia semplicemente un disco pop-punk si sbaglia, le musiche, le melodie e i testi sono così profondi ed introspettivi da impressionare e permettere a chiunque di indentificarcisi, non solo ai “cuori infranti”.
Casa discografica: Epitaph Records
Anno: 1996
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