176 pagine alla scoperta dei luoghi più intimi della vita e dell’arte delle più grandi rockstar di ogni tempo.
Quello che mi trovo a recensire oggi è un libro assai particolare, davanti al quale difficilmente avrei pensato di trovarmi. Certo, ho letto vari libri sugli studi di registrazione famosi o altri luoghi frequentati dalle star, a partire dai locali live più noti della storia.
Ma trovarsi di fronte a un volume che apre letteralmente le porte delle case appartenute alle più grandi star della musica Rock di ogni tempo, beh, è una cosa che rende un bel po’ curiosi.
Salteranno sulla sedia prima di tutto i fan, nel senso più estremo del termine, quelli che allo stalkeraggio poco (o nulla) a volte ci manca. Ma anche a tutti gli appassionati di Rock posso assicurare che la lettura di questo A Casa delle RockStar edito da Hoepli (tradotto da RockStars at Home) non è solo una sorta di esperimento voyeuristico, ma un viaggio nella storia più intima dei musicisti, storia che poi ha spesso influenzato non poco quelle che sono state le loro scelte artistiche.
Sì perché trovarsi a New York o a Londra in un preciso momento storico ha un grande peso culturale, far casa base in un appartamento anonimo o in una villa appartenuta a un’icona dell’occultismo cambia decisamente prospettiva, essere presente o meno nel luogo dove si sviluppa un nuovo fermento culturale e/o musicale, viverci, può drasticamente cambiare le scelte di una persona.
Ancora di più se questa persona vive di pura ispirazione, come un musicista.
Il libro – oramai viste le scorse recensioni ci siamo abituati – fa parte di una serie di pubblicazioni dedicate al mondo del Rock che Hoepli ha abbracciato da alcuni anni e l’impaginazione, moderna, divertente, piena di testimonianze fotografiche e digressioni a mo’ di spin-off, segue esattamente i canoni di quanto già visto in altre pubblicazioni.
Se proprio devo fare il puntiglioso, segnalo all’editore che in questo caso ho notato due o tre refusi rispetto alla consueta assenza, ma si tratta davvero di pochissime sviste e sono cose che non minano la lettura né costituiscono un ostacolo insormontabile alle prossime ristampe.
In compenso, la qualità di stampa non ha neanche una sbavatura e un plauso va alle numerose testimonianze fotografiche, immagino in alcuni casi certo non facili da reperire.
Ciò detto, sappiate che A Casa delle Rockstar è frutto del lavoro di vari autori (Chris Charlesworth, Daryl Easlea, Eddi Fiegel, Bryan Salter e Simon Spence) a vari livelli dentro il mondo della musica Rock, da chi ha lavorato per tanti anni come giornalista specializzato e certe cose le ha viste e sperimentate con i propri occhi, a chi è autore/autrice di molte biografie o altro tipo di pubblicazioni su questo mondo musicale a dir poco variopinto.
Tutta gente che sa il fatto suo, a cui si aggiunge Tom Seabrook, che firma l’introduzione intitolata “Dal buco della serratura”, un altro che di musica se ne intende non poco (suo ad esempio il libro sulla Trilogia Berlinese di Bowie).
Entriamo quindi nel vivo del libro ed “entrare” è il verbo adatto, visto che spalanchiamo la porta di molte case e, appunto, entriamo nelle stanze che hanno visto la composizione di tante grandi canzoni e… beh, capirete, hanno visto anche molto altro…
Si parte da alcune figure storiche come Frank Sinatra, con le sue ville californiane, i suoi mega impianti stereo e i suoi trenini elettrici (sì, trenini, oltretutto scoprirete che non è l’unico con questa passione…), per poi toccare le dimore dei fondatori del Rock’n’Roll.
Innanzitutto Chuck Berry, ma, come immaginerete, la parte interessante arriva con il Re, Elvis Presley.
Ebbene, impressionante vedere come in una manciata di anni questo ragazzone dotato di talento sia passato da una casetta di legno di modeste dimensioni, simile a quelle che si vedono in molti film nei quartieri poveri del Mississippi, a una villa a dir poco faraonica, in stile neoclassico.
Con Elvis iniziano le stravaganze, come la “Jungle Room”, che definire tremendamente kitsch è a dir poco riduttivo, ma in cui del resto The Pelvis ha inciso alcuni dei suoi album, o il famoso salone con tre televisori sempre accesi, che il Re del Rock volle copiare al Presidente Johnson (unica differenza è che quest’ultimo guardava, pare, 3 notiziari in contemporanea, mentre Elvis spostò il mirino su qualcosa di meno impegnativo, cioé 3 partite di football).
È qui, nella sua Graceland, che Presley venne trovato morto ed è qui che riposa accanto alle tombe dei genitori.
Sfogliando il libro, vi renderete conto come molte di queste case siano oggi sotto tutela, come luogo d’interesse storico/artistico/culturale, dei rispettivi Paesi d’appartenenza, vuoi per la storia associata al famoso proprietario, come in questo caso, vuoi perché quando le rockstar le acquistarono avevano già una storia remota particolarmente importante.
Non starò qui a nominarvi tutti i capitoli e i personaggi, un po’ perché voglio lasciarvi la sorpresa nello sfogliare il libro, un po’ perché voglio raccontarvi ciò che mi ha divertito leggere e non farvi un triste elenco della spesa.
Ah, la spesa. Il libro costa 19 euro circa scontato sul sito di Hoepli. Direi che per la qualità offerta siamo ampiamente in un range di prezzo conveniente.
Andiamo avanti, seguendo gli scatti fotografici che qui vi propongo. Cos’è questa qui sotto? Una camera d’albergo? No. È una stanza di una tipica casetta londinese, ad oggi una delle case più importanti al mondo quando si parla di Rock. E di chitarra.
In questa stanza viveva, con la sua fidanzata di allora, il più grande chitarrista di tutti i tempi: Jimi Hendrix.
Qui componeva i suoi riff. Qui ascoltava i suoi dischi, con particolare ossessione per quelli di Bob Dylan e di Howlin’ Wolf. Qui ospitava spesso alcuni studenti del Conservatorio, che gli parlavano dei compositori classici (Jimi si appassionò in modo particolare a Händel, visto anche che a quanto pare aveva vissuto nella casa proprio di fianco alla sua).
Una casa, quella di Hendrix, che oggi è diventata un piccolo museo, con una ricostruzione oggettistica fedele cui ha partecipato proprio l’ex fidanzata, Kathy Etchingham.
Facciamo un bel salto, da un americano che viveva in Inghilterra, a un inglese che si trasferì a New York. Parliamo di John Lennon e con lui, volente o nolente, di Yoko Ono.
Dopo aver visitato la larga tenuta di Tittenhurst Park, quella della copertina di “Hey Jude”, si va nella Grande Mela, in quel Dakota Building che fu la sua ultima dimora, davanti il cui ingresso venne ucciso a sangue freddo l’8 dicembre del 1980. Oggi, proprio nella zona di Central Park di fronte al palazzo, sorge un angolo di giardino commemorativo, lo Strawberry Fields e il suo mosaico circolare con la scritta “Imagine”.
Ma di John Lennon nel libro si parla due volte, perché uno scatto ritrae lui e la compagna durante il Bed-In for Peace, stavolta in Canada (al Queen Elisabeth Hotel di Montreal). Qui venne registrato nel ’69 il famoso brano “Give Peace a Chance”, insieme a tante figure di spicco della controcultura dell’epoca.
Questo scatto mi dà l’occasione di parlare anche delle numerose digressioni del libro, quelle che sopra ho chiamato “spin-off“, in cui non si parla di case dove le star hanno vissuto, ma di luoghi che si possono considerare allo stesso modo importanti.
In questo caso gli “hotel rock’n’roll“, ma poi è il turno anche dei mezzi di trasporto, come l’aeroplano Boeing 720 denominato Starship, famosissimo per gli scatti fotografici dei Led Zeppelin; oppure ancora, abbiamo approfondimenti su case e locali punk, sui luoghi più nascosti in cui si rintanavano gli artisti solitari per sfuggire al clamore del music business, o addirittura le vere o presunte case infestate… (chiedete ai Deep Purple…).
Man mano che si legge, è divertente giocare, magari con qualche amico appassionato (e perché no, anche qui con voi lettori) su quale casa sarebbe più incline ai nostri gusti.
Ce ne sono alcune davvero da mille e una notte, come le numerose proprietà di Jimmy Page, che è uno dei più attivi dal punto di vista immobiliare, oppure quella sorta di castello reale che è Friar Park, appartenuto a George Harrison e che ancora oggi è abitato dalla moglie Olivia.
Se vi piace l’ambiente minimal, allora Berlino potrebbe essere il vostro locus amoenus, a patto però di possedere una macchina del tempo per tornare negli anni ’70.
Lì trovereste, magari intento in un pisolino come in foto, un giovane ma già navigato David Bowie, intento a dar vita ad alcuni degli album più geniali di tutta la sua carriera, pur inserito in un contesto che, se paragonato ad altri, soprattutto a quello delle generazioni hippie, appare a dir poco asettico. D’altronde in quel periodo Bowie ascoltava più i Kraftwerk che i Jefferson Airplane…
Se il vostro carattere è però più esuberante, allora troverete imperdibile il capitolo dedicato a quel matto di Keith Moon.
Il batterista dei The Who avrebbe potuto svegliarvi la mattina con un buon cocktail strizzabudella, portavi a fare un giro a cavallo, nella sua Rolls-Royce dipinta di lilla o sul suo hovercraft, per poi offrirvi un meritato attimo di relax sul furgoncino del latte riadattato a zona comfort con tanto di autista sempre pronto in giardino.
Un altro che di estrosità non è mai stato privo è Elton John e se avete visto il suo recente biopic Rocketman non farete fatica a riconoscere gli enormi stivali parcheggiati a bordo piscina, quelli che usò per il film Tommy degli Who, in cui cantò una straordinaria versione di “Pinball Wizard”.
Per chi poi come me è appassionato di dischi in vinile, sarà difficile non provare invidia guardando la foto della sua nutrita collezione (pare che comprasse più copie di un disco, una per ogni casa posseduta)…
Insomma, lo avrete capito, di curiosità questo libro è pieno. E badate bene che ho saltato molte parti succulente, a partire da quel Keith Richards fotografato in un’immagine di copertina che a mio parere è tra le più belle in assoluto.
E, volutamente, non mi sono addentrato nelle tante narrazioni storiche che trascendono il puro “sguardo dal buco della serratura”. Si parla infatti di storia della musica, dei luoghi che hanno ispirato le canzoni, di misteri e casi mai del tutto risolti…
Insomma, è proprio il caso di dire: ah, se quelle mura potessero parlare…
Beh, adesso un po’ lo fanno. Ci “parlano” attraverso questo bel libro edito da Hoepli.
E adesso non vi resta che ordinarlo online o passare in libreria per dargli uno sguardo da vicino!
Aggiungi Commento