Nonostante i Free Nelson MandoomJazz abbiano una simpatica passione per i giochi di parole, come dimostrato dal nome stesso della band, oltre che dai titoli e dalle copertine di questi due Ep, non crediate che ascoltare “The Shape of Doomjazz to Come” e “Saxophone Giganticus” (che citano rispettivamente “The Shape Of Jazz To Come” di Ornette Coleman e “Saxophone Colossus” di Sonny Rollins) sia un’esperienza allegra e spensierata.Quel “Doom Jazz” con cui la stessa band scozzese si etichetta, infatti, va preso alla lettera; nei due EP assistiamo ad un titanico quanto improbabile incontro tra i sassofoni di Sonny Rollins e Wayne Shorter e le lente e inesorabili atmosfere di Black Sabbath ed Electric Wizard, con la pesante impronta di quest’ultimi che è veramente difficile da ignorare.Tanto più se la prima cosa che salta alle orecchie durante l’ascolto di “The Shape of Doomjazz to Come” e “Saxophone Giganticus” è la distorsione nebbiosa del basso di un Colin Stewart che non nasconde le proprie simpatie per Tony Iommi e Jus Oborn (con tanto di assolo in “The Mask of the Red Death”), a cui si unisce lo schizofrenico sassofono contralto di Rebecca Sneddon, che alterna deliri quasi urlati e momenti di lucidità, e la più rassicurante batteria di Paul Archibald.Il primo EP, “The Shape of Doomjazz to Come“, uscito originariamente nel 2011, contiene tre brani lunghi, “Where My Soul Can Be Free“, “Into the Sky” e “The Mask of the Red Death“, che alternano momenti godibili, come lo stacco che dà vita al primo brano, ad altri in cui il songwriting risulta meno incisivo. Da questo punto di vista il secondo EP, “Saxophone Giganticus” (del 2013), risulta più maturo, con due brani avvincenti come “No One Fucking Posts To The UAE” e l’ottima title track (probabilmente il pezzo migliore del lotto) che si alternano a una cover prevedibile (“Black Sabbath” tratta dall’omonimo disco della band omonima) e a una sorprendente: una vivace versione della “Sonata K. 54” di Domenico Scarlatti.Ascoltando il doppio EP dei Free Nelson MandoomJazz si assiste ad un piacevole progredire in cui la ricetta originale ma un po’ acerba di “The Shape of Doomjazz to Come” acquisisce una certa brillantezza nell’oscura ironia del buon “Saxophone Giganticus“.
L’impressione è che la giovane band irlandese abbia iniziato con il piede giusto e, vista l’intraprendenza di questi EP, siamo molto curiosi di ascoltare i passi successivi.Francesco CiceroGenere: Doom, JazzLine-up:
Rebecca Sneddon – sassofono contralto
Colin Stewart – basso
Paul Archibald – batteriaTracklist:
1. “Where My Soul Can Be Free”
2. “Into the Sky”
3. “The Mask of the Red Death”
4. “Nobody Fucking Posts to the UAE”
5. “K54”
6. “Saxophone Giganticus”
7. “Black Sabbath”
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