Prima di parlare di questo nuovo metodo edito da Volontè & Co. che, con la guida di Loris Lombardo, ci svelerà segreti e tecniche di uno strumento che ha riscosso negli ultimi anni un grandissimo e inaspettato successo, facciamone una più diretta conoscenza: che cos’è un handpan?
Ci troviamo in terra Elvetica nella fattispecie a Berna, i due artigiani Felix Rohner e Sabina Scharer (accordatori e costruttori di Steel drum, strumento a percussione melodico) decidono nei primi anni 2000 di dar vita ad un nuovo progetto: l’Handpan.
L’Handpan ha una forma circolare, è composto da 2 cupole poste uno sopra l’altra con le pance opposte, il peso è di circa 4 kg per un’altezza di circa 25 cm; esistono in commercio anche strumenti di peso e circonferenza maggiori.
Nella cupola superiore vi è una protuberanza centrale che prende il nome di “Ding” e produce la nota più grave del lato superiore; nella cupola inferiore si trova un foro centrale che prende il nome di “Gu” dal suono onomatopeico che riproduce e che diffonde.
Questo permette di riprodurre i suono dell’Udu e del Ghatam, strumenti di origine indiana, e di accompagnare queste sonorità con tutte le note di una scala.
Photo by Hardcasetechnoloiges – CC BY-SA 4.0
Alle estremità dello strumento troviamo delle cavità che possono variare da 7/8/9, (i piu utilizzati sono quelli da 7 e da 8) queste cavità piu il ding emettono se percosse delle note ben precise formando una determinata scala per ogni strumento.
Tra il 2001 ed il 2005 vennero creati degli strumenti in tonalità di Bb, C4 e C#4 (i numeri indicano l’altezza delle note, non sonointervalli!), successivamente vennero creati strumenti con tonalità piu gravi, G3, F#3 e F, si ampliarono le tonalità fino ad arrivare a ben 45 scale!
Photo by Ixkeys – CC BY-SA 3.0
Parliamo ora del metodo, scritto da Loris Lombardo, laureato in percussioni classiche presso il conservatorio G.F. Ghedini di Cuneo, successivamente presso la scuola di Tullio de Piscopo (Nam), oltre alla Soncino Percussion Academy ed alla Ultimate Drum Experience di Londra.
Si è dedicato allo studio di percussioni Indiane, Turche e Mediorientali e derivati di tradizione planetari! Un curriculum di tutto rispetto, vanta collaborazioni con molti dei Big Nazionali tra cui Andrea Braido, Beppe Gambetta, Marlene Kuntz etc…
Il metodo è suddiviso in 19 capitoli di varia lunghezza a seconda della tematica trattata, si inizia con il suono del Ding per poi passare alle scale ascendenti e discendenti, tempi composti, paradiddle con tempi semplici e con tempi composti e molti altri ancora.
Come ogni metodo progressivo, si parte da esercizi semplici per arrivare a evoluzioni molto complesse, considerate che questo strumento unisce armonia e percussioni in modo unico ed inoltre parliamo di qualcosa di “nuovo” in continua evoluzione 160 pagine ben spiegate attraverso, disegni, schemi, divisioni ritmiche, note e molto altro.
Non ho perso l’occasione di poter scambiare due chiacchiere con l’autore, che vi riporto di seguito.
Ciao Loris, tra le scuole dove ti sei formato ci sono il Conservatorio G.F. Ghedini di Cuneo e la scuola fondata da Tullio De Piscopo, il Nam. Quindi nasci come batterista e percussionista. Come ti sei avvicinato ad uno strumento che di fatto oltre ad essere percussivo è anche armonico, hai dovuto affrontare anche studi di teoria ed armonia?
Ciao a tutti lettori di MusicOff.
Uno dei vantaggi degli studi in conservatorio è la possibilità di studiare materie come teoria e solfeggio, armonia, storia della musica e pianoforte complementare. Questo dà la possibilità anche ai percussionisti, i quali generalmente sono un po’ più carenti in materia, di approfondire queste discipline e focalizzare lo studio in qualcosa che esca dalla ritmica.
Questi studi mi hanno consentito di concepire la musica più da musicista e non solo come percussionista.
Detto questo, l’approccio che ho avuto sull’handpan è stato istintivamente ritmico. Ho riportato i miei studi da percussionista e da batterista sullo strumento in modo naturale, quasi come se l’handpan fosse lo strumento che finalmente mi potesse dare la possibilità di esprimere tutto ciò che avevo appreso negli anni, i vari studi di strumenti diversi, fusi in uno strumento unico.
La cosa meravigliosa di questo strumento è che dà la possibilità anche a chi non ha nozioni di armonia, di comporre la propria musica.
Questo, con tutti i pro ed i contro; gli handpan, infatti, sono creati ognuno con una scala ben precisa; è un po’ come suonare un pianoforte che ha i tasti già scelti per una determinata scala…il che comporta l’impossibilità di sbagliare nota della scala.
Il lato negativo, se vogliamo definirlo così, è che c’è un’espressione limitata della musica, se suonato da solo. Un handpan in tonalità minore, ad esempio, potrà donare all’ascoltatore solamente un’atmosfera malinconica, un handpan in tonalità maggiore potrà donare solamente un’atmosfera allegra e così via per altre tonalità.
La cosa incredibile è che se si forma un set di tre handpan è possibile creare una scala cromatica, ottenendo molta più espressività, come se fosse un vero e proprio pianoforte, ovviamente con minor estensione di ottave.
Un anno fa ho avuto l’onore di suonare in tour come solista assieme alla cantante Simona Molinari e all’orchestra della Magna Grecia di Taranto. In questa occasione disponevo di tre handpan davanti a me e seguivo lo spartito, scritto appositamente per la composizione: Stabat Mater di Fabio Barnaba. Credo sia stata la prima volta, almeno in Italia, in cui l’handpan avesse una parte da solista scritta e definita in un’orchestra sinfonica.
L’Handpan è uno strumento piuttosto “giovane”, nasce nei primi anni 2000, come si è sviluppato nell’ultimo decennio e quante persone stimi lo utilizzino nel nostro paese?
Si è sviluppato quasi in maniera virale. Molte persone che ascoltano questo strumento e lo vedono suonare, desiderano subito averne uno; accade soprattutto per i non musicisti.
La cosa buona di questo fenomeno è che avvicina alla musica molte persone che non si sarebbero mai approcciate ad uno strumento musicale; forse perché hanno l’impressione che l’handpan sia semplice da suonare.
Ciò ha portato molti a pensare che questo strumento non debba essere studiato come tutti gli altri strumenti del mondo, ma che che basti l’istinto. Certo, qualsiasi strumento può essere suonato con il solo ausilio dell’istinto, ma con tutti i limiti che questo impone.
Chiunque può pizzicare una corda o percuotere un tamburo, ma senza lo studio ed una tecnica approfondita non potrà andare oltre e conoscere tutto il potenziale dello strumento. Purtroppo non riesco a stimare quante persone lo utilizzino in questo momento, ma sicuramente sta prendendo sempre più piede, visto anche l’aumento dei costruttori.
Come ogni strumento richiede costanza, studio e caparbietà, il tuo metodo sicuramente può aiutare tanto chi si avvicina a l’handpan, qual è l’aspetto più complesso?
Dipende tutto dagli obiettivi che si vogliono raggiungere. Ad alcune persone basta suonare per sé ed utilizzare l’handpan quasi come se fosse uno strumento da meditazione; ad altre, invece, condividere la propria musica con gli altri.
Credo che in entrambi i casi si possa scoprire sempre di più, da uno strumento così giovane.
Bisogna cercare di continuo nuovi stimoli, altrimenti il rischio è di rimanere ancorati alle stesse idee e di suonare sempre le stesse cose, con la probabilità di annoiarsi con il passare del tempo.
Ringraziamo Loris e quindi se volete avvicinarvi all’handpan questo metodo può realmente aiutarvi a capire questo curioso strumento. Come la maggior parte dei metodi della collana Volonté & Co., anche questo si avvale di un supporto DVD che consente di sentire e guardare come studiare ogni esercizio.
Per ulteriori informazioni potete consultare direttamente il sito di Volonté & Co. e contattarli tramite l’email [email protected]
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