Come? Nell’anno di grazia 2021 c’è ancora chi parla di Rock? Ebbene sì. E non si limita a parlarne (come invece forse fanno in troppi), ma lo compone e lo suona con risultati encomiabili e senza tradire le radici del genere per improbabili necessità commerciali.
Due parole sull’artista
Nel pedigree di Andrea Cervetto si rintracciano esperienze significative, come la militanza nella formazione Il Mito New Trolls (ideale prosecuzione dell’esperienza dello storico gruppo italiano) e l’opera prestata alla versione italiana del musical “We will rock you“, per la quale pare sia stato avallato da Brian May in persona.
Ma forse a dare una significativa anteprima dei contenuti presenti in Horizon è l’esperienza dello spettacolo teatrale dedicato a Jimi Hendrix, che Cervetto ha realizzato assieme allo scrittore Giancarlo Berardi e nel quale ovviamente ha suonato personalmente le parti di chitarra. Un’influenza che nell’album si può rintracciare in maniera chiara e piacevole.
Orizzonti Rock a base di chitarra
Non che la poetica di Cervetto si possa riassumere in un estratto dell’esperienza hendrixiana, dato che già un ascolto del disco in oggetto porta in evidenza degli importanti tratti di provenienza successiva e dal tasso tecnico ulteriormente elevato.
Il filo conduttore resta comunque quello del Rock, declinato con intensità e cognizione in varie espressioni caratteristiche dell’ultimo mezzo secolo, non facendo mancare dei momenti ballad a compensare un tasso di energia mediamente piuttosto consistente.
Horizon è ovviamente un album incentrato in maniera decisa sull’utilizzo della chitarra elettrica, che tuttavia riesce a esprimersi in maniera efficace senza risultare totalizzante e quindi invadente, anche nei momenti in cui il livello della performance si sposta nell’ambito del virtuosismo.
Questo ci racconta di un artista che non si limita a ragionare nel circondario del proprio strumento di riferimento, ma cerca piuttosto di incanalare la propria ispirazione creativa all’interno di un contesto musicale efficace e credibile.
Cervetto è co-autore di tutti i brani, quasi sempre in collaborazione di Alex Polifrone (con lui alla batteria ne Il Mito New Trolls) e il di lui fratello Paolo (bassista), ai quali va la dovuta fetta di merito riguardo la riuscita dell’album. La tracklist di dieci brani vede otto composizioni interamente strumentali e due con vocalist e testo in italiano (giusto in apertura e in chiusura).
Conclusioni
Sulla presunta “morte del Rock” si è detto forse già troppo. Preferisco quindi pensare a Horizon come alla realizzazione di un’ispirazione che prescinde da logiche e tendenze, e che in quanto tale rappresenta il più alto grado di sincerità artistica possibile.
Il disco intrattiene, diverte e impressiona quando serve, l’abilità dei musicisti coinvolti contribuisce alla sua solida resa e soprattutto non prevalica l’elemento creativo, come può accadere in contesti altamente tecnici.
Chi cerca una bella dose di sano Rock, in Horizon la troverà senz’altro: e in giorni come questi, è un valore che non scambierei con una vita di sterili considerazioni su cosa “sia rock” oggi e cosa non lo sia.
Foto di copertina di Silvia Saponaro © su gentile concessione
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