Sentirsi vicini anche se lontani
“La mia copia dell’Etica è sbrindellata, con le pagine piene di orecchie: per anni l’ho portata con me nei viaggi, e nelle camere d’albergo o negli intervalli dei concerti ho meditato sui suoi principi”. (Barenboim D., 2007)
Leggendo queste parole sorrido pensando ai miei libri, a quelli che leggo e rileggo costantemente, alle loro pagine consumate, non ancora sbrindellate. Penso alle sottolineature fatte con le matite di diversi colori, alle note a bordo pagina, alle osservazioni, agli appunti scritti in fretta per imprimere un concetto.
Ci sono persone che sentiamo vicine, anche se distanti nello spazio e nel tempo. Ci sono parole che ci toccano nel profondo, che improvvisamente muovono in noi emozioni e sensazioni che spesso non sappiamo spiegarci. Così come accade con la musica che ci attraversa, la musica che ascoltiamo profondamente ed intensamente.
Capita, nella vita di ognuno di noi di muoversi verso ciò che amiamo, verso ciò che ci provoca piacere, che asseconda il nostro gusto. Altre volte invece ci lanciamo in terreni sconosciuti, abbandonando la zona confortevole della nostra abitudine. Ci affidiamo a qualcosa che sfugge al nostro controllo razionale, abbandoniamo le nostre difese e ci lasciamo andare al piacere della scoperta.
Tra il difficile e l’impossibile
Il nostro animo oscilla tra due poli, quando dobbiamo compiere una scelta, quando dobbiamo fare un salto tra ciò che è conosciuto verso qualcosa di sconosciuto. Nella fluctuatio animi (fluttuazione dell’anima, come la chiama Spinoza nell’Etica) che precede la scelta, vi è sempre un momento di cecità che non ci permette di poterne prevedere l’effetto. Ci affidiamo alle conoscenze acquisite, ma non sappiamo cosa ci aspetta dopo. Spesso accade per il fascino dell’impossibile.
Si suole attribuire una frase a Frank Zappa, il quale disse che “parlare di musica è come ballare di architettura” volendo enfatizzare il concetto dell’impossibilità dell’atto in sé. Anche Daniel Barenboim è conscio di ciò, ma sospetto che la lettura costante dell’Etica lo abbia condotto di fronte ad alcune riflessioni che lo hanno portato a considerare in altro modo la linea di demarcazione tra possibile ed impossibile.
“In musica, come nella vita, possiamo parlare davvero solo delle nostre reazioni e delle nostre percezioni. E se provo a parlare della musica, è perché l’impossibile mi ha sempre attratto più del difficile” (Barenboim D., 2007).
Legami tra parole ed esperienze
Vi è un legame tra le pagine di “La musica sveglia il tempo” di Barenboim e le esperienza raccontate in Possibilities l’autobiografia di Herbie Hancock. Attraverso le sue esperienze e l’incontro con Miles Davis, ho voluto descrivere la loro capacità di porsi, di fronte alle infinite possibilità, che la loro vita di musicisti gli ha offerto, in modo non giudicante.
Ora, in queste righe, con l’aiuto del grande direttore d’orchestra, vorrei tentare una riflessione che prende le mosse dalla precedente e aggiunge un tassello nuovo al nostro intricato puzzle: la vita.
Nel capitolo intitolato “Libertà di pensiero e interpretazione” Daniel Barenboim cita l’Etica di Spinoza. Un testo a lui molto caro, come si evince dall’incipit di questo scritto. Per diversi anni ne ha affrontato la lettura, riflettendo e meditando sui principi che essa porta. Lo stesso libro, per tanti anni. Le stesse parole che, con il tempo, assumono valore diverso, significato diverso.
Un esercizio, quello della filosofia, che il direttore conosce bene, avendo letto “per la prima volta l’Etica a 13 anni” (Barenboim D., 2007). La descrive come un testo che costringe a pensare, come una “palestra per l’intelletto“. Non posso far altro che dargli ragione. Il modo di procedere nella speculazione, dell’incedere nel pensiero, attraverso postulati e corollari, in modo geometrico, mi affascinò moltissimo.
Libro e libertà
Con il tempo il libro “sbrindellato” diviene un luogo nel quale tornare per proseguire nella riflessione, per cercare risposte o, come la filosofia insegna, per formulare meglio le domande. I dubbi non svaniscono, ma prendono una connotazione differente, sempre nuova. Non siamo mai fermi, ma in continuo cammino, questa consapevolezza non ci deve mai abbandonare.
Sicuramente non abbandona Daniel Barenboim, il quale si pone diversi interrogativi durante la stesura del testo, mettendoci di fronte a quesiti di non immediata risoluzione, spesso arrivando a considerazioni di non facile comprensione. Anche questo, come il precedente libro, ha bisogno di diverse “digestioni”, per essere apprezzato appieno.
L’autore parla di libertà, nell’accezione spinoziana del termine, definendola un “processo attivo” (Barenboim D., 2007), cercando di sciogliere un problema connotato alla modernità, ai tempi attuali e darne un suggerimento di riflessione. “Quanto più siamo capaci di determinare i nostri pensieri – i nostri propri pensieri, dunque creandoci una nostra personale esperienza della realtà – tanto più siamo capaci di autodeterminazione così da essere veramente liberi” (Barenboim D., 2007).
Passaggio interessante. In queste parole l’autore cerca di raccontare il processo che necessita di essere fatto da un individuo, per incamminarsi verso la libertà. Essa rimane comunque un traguardo non facilmente raggiungibile, se non addirittura impossibile da sperimentare. Ma non si ferma a questo.
Libertà e autodeterminazione
Infatti, in una considerazione sulla modernità dal valore straordinario, senza demonizzare il mondo presente, senza giudicarlo “sbagliato” dice: “È piuttosto facile credersi liberi nella moderna civiltà occidentale, così prodiga di opportunità – possiamo scegliere dove vivere, cosa leggere, cosa guardare alla televisione o su Internet –, ma in realtà questo tipo di libertà richiede che si possieda un’accurata consapevolezza dei propri desideri. Senza tale consapevolezza, siamo solo in loro balia e nell’impotenza di dar forma alle nostre idee e ai nostri atti” (Barenboim D., 2007).
Da un lato abbiamo un mondo “prodigo di opportunità” di possibilità, per dirla alla Hancock, dall’altra parte, per poterle cogliere appieno, dobbiamo imparare ad autodeterminarci, ad essere in grado di indirizzare i nostri desideri, per non perderci, per essere il più possibile vicini a noi stessi, per essere liberi.
Voglio lasciarvi così, senza dilungarmi oltre. Abbiamo appena iniziato insieme un cammino e già ci sarebbe materiale per lavorare su noi stessi per tutta una vita. Infondo è questo il mio intento, nemmeno troppo celato. Ma davvero possiamo intraprendere da soli questo cammino?
Orientati da questo quesito, proveremo a farci strada con il prossimo libro.
Intanto buona lettura.
Cover Photo by Alumnoconservatoriofalla - CC BY 4.0
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