Abbiamo una tradizione Rock in Italia? Una delle domande, nel Paese di “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” o di “un italiano…. con la chitarra in mano“, la cui risposta è quantomai complicata e soggetta a molteplici sfaccettature.
Abbiamo saputo fare del grande Rock in Italia? Sì, anche se con non poche difficoltà e pregiudizi. Purtroppo mai del tutto sopiti.
Ma ciò che è indubbio è che, nonostante tutto, anche da noi la musica ribelle è stata un fenomeno sociale, a tratti scanzonato a tratti impegnato, legato o non legato agli sconvolgimenti politici, voce dei giovani di più di una generazione contro quell’establishment che sia nella musica che nella società civile ci avrebbe voluti tutti col cravattino alla ricerca del “posto fisso” (paradossalmente, ad oggi quasi diventato la cosa più “alternativa” che esista…).
Ma chi sono i protagonisti, gli album, le esibizioni live, i luoghi dove questo Rock Italiano si è sviluppato?
Dove sono i nostri Marquee, Whisky a Go Go o CBGB?
Chi i precursori? Chi i loro figli e nipoti? E oggi a che punto siamo?
A questa e molte altre domande ha l’arduo compito di rispondere il nuovo libro La Storia del Rock in Italia di Roberto Caselli e Stefano Gilardino, edito da Hoepli, che non ci penso due volte a dire (e mi si accusi anche di “messaggio promozionale”) potrebbe essere un ottimo regalo da mettere sotto l’albero, per un amico, un parente o, ancora meglio, per se stessi.
Intanto, una breve parentesi sugli autori.
Caselli è un noto giornalista e critico musicale, parola forte ma veritiera in un mondo oramai sin troppo socializzato in cui anche “la comare” si auto-titola in tal modo.
L’autore, invece, è titolato nei fatti, grazie al suo contributo fondamentale come voce di Radio Popolare, alla direzione di riviste come Hi Folks! e Jam e a varie pubblicazioni tra cui La storia del Blues (Hoepli 2005).
Stefano Gilardino è un altrettanto bravo giornalista e scrittore, ma è anche il fondatore dell’etichetta Intervallo, che ha un catalogo molto particolare dedicato alle sonorizzazioni sperimentali italiane degli anni ’70. Tra gli altri volumi editi, è autore di Storia del Punk, sempre grazie a Hoepli.
A impreziosire il lavoro dei due scrittori, compaiono le due prefazioni di Manuel Agnelli (Afterhours) e di Franz Di Cioccio (PFM), due musicisti che di Rock ne sanno parecchio e in tempi diversi hanno scritto grandi pagine del genere in Italia.
Torniamo quindi al libro. Tutto comincia nel 1957… anzi no. In realtà, ed è uno dei lati più belli di questo lungo volume ben illustrato, l’avvento della musica rock e prima ancora rock’n’roll in Italia, non può scindersi dai fenomeni più significativi per la storia del nostro Paese.
In un immediato dopoguerra in cui uscivamo con le ossa rotte, il Piano Marshall e la conseguente installazione di alcune basi americane in Italia, portò, a partire dall’arrivo a Napoli di migliaia di soldati, anche alla diffusione di una cultura musicale molto lontana dalle nostre tradizioni.
Fu così che i giovani conobbero il jazz, il blues e, ovviamente, le prime forme di rock’n’roll.
Fenomeno che si sposterà ben presto dal Sud al Nord, verso Milano, fulcro dei nuovi movimenti (o sommovimenti?) musicali italiani.
Non è mio compito né mio volere anticiparvi troppo del libro, sappiate solo che oltre a conoscere maggiormente alcuni tra i principali protagonisti di questa rivoluzione culturale, apprenderete dell’esistenza di molti altri nomi che all’epoca sono stati di primo rilievo in questa “missione” e che forse oggi non sono noti ai più.
Qualche nome d’arte potrebbe anche strapparvi un sorriso, ma ricordate sempre che negli anni ’50 e ’60, epoca per certi versi di massimo bigottismo, abbracciare una carriera musicale in un genere considerato, anche nello stesso mondo musicale, da “stolti urlatori” richiedeva molto più coraggio di quanto oggi ce ne vuole per farsi un tatuaggetto contro il parere di un genitore.
Significava poter essere banditi da buona parte della società, o peggio, essere addirittura portati spesso a visitare le caserme delle forze dell’ordine.
Ma detto ciò, per fortuna, il miglior modo di predire il futuro è inventarlo (cit. Alan Kay) e le nuove generazioni furono in grado di portare nuovi – sgargianti – colori, accanto alla sola tradizione del “bel canto”.
Ed eccoci quindi passare, non velocemente ma anzi con notevole calma e approfondimenti, dall’epoca de “Il tuo bacio è come un Rock“, a quella di “Impressioni di Settembre“, forse il periodo culmine del primo impegno italiano nel rock, con un proliferare di band alcune delle quali, senza se e senza ma, il mondo ancora ci invidia.
Oltretutto, l’Italia, sempre grazie a una certa influenza a stelle e strisce ma non solo, iniziava a rivestire un ruolo centrale nel mondo, grazie a una florida economia e a un tipo di entusiasmo diffuso, ben diverso dal clima odierno, che addirittura attirava svariate band inglesi e USA (oggi idolatrate) ad esibirsi nei festival nostrani (mentre le nostre migliori formazioni cercavano fortuna all’estero, corsi e ricorsi storici…).
Mai come nel caso di questo libro mi riesce difficile riassumere tutto in una recensione, per cui non lo farò. Non perché io pecchi di pigrizia, ma credetemi cari lettori, c’è talmente tanto tra capitoli, colonne, trafiletti, approfondimenti, foto e didascalie, da poter tranquillamente prendere ferie per concentrarsi degnamente su questo gran bel lavoro editoriale.
Soprattutto, dà modo a molti di levarsi qualche paraocchi di troppo, di guardare a certe epoche storiche con una maggior consapevolezza, visto che peraltro i programmi scolastici tendono spesso, se non sempre, a snobbare tutto ciò che sta dopo la deflagrazione di Hiroshima.
La storia del Rock in Italia, e non “del rock italiano”, non è un titolo a caso. Perché è ciò che il rock è diventato proprio in Italia, con la sua storia, la sua società civile, i suoi successi e i suoi fallimenti, le aspettative, le utopie, le ipocrisie, i momenti di coraggio e di cambiamento, le sue tragedie, le sue (ebbene sì, usiamo questo termine oramai inculcato a forza nei post di chiunque) resilienze.
Dagli urlatori ai capelloni, dagli eroi del vento ai nuovi cantautori odierni, fino alla musica “pesante”, con tutto quello che sta nel mezzo, al centro, sopra, sotto e ai lati di questo fenomeno che ancora oggi anche in mezzo a enormi difficoltà non si spegne, non arretra di fronte alle flebili fiammelle della musica “facile” e di chi cerca i suoi 15 minuti di celebrità in TV.
Perchè It’s only Rock’n’Roll e comunque la pensiate (e magari dopo questa lettura cambierete idea), anche in Italia ne abbiamo fatto e anche di molto, molto buono.
Tutte le informazioni sul libro le trovate sulla pagina ufficiale Hoepli.
25 euro circa per 358 (belle) pagine di Cultura. Vera.
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