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Exuvia

La verosimile realtà di Caparezza, tra ispirazione e immaginazione

L’ultimo album di Caparezza si intitola Exuvia e già il nome nasconde diverse curiosità e domande pronte ad essere svelate ascoltando e... capendo la sua musica.

Definire la sua scrittura: eclettica, multiforme e indagatrice. Proprio così, poiché l’album segna un cambiamento per questo artista italiano, che muta la sua pelle come un esoscheletro, una membrana esterna che ricopre alcuni animali e insetti e che gli dà modo di trasformarsi in qualcosa di nuovo.

Il suo modo di intrecciare tematiche anche molto lontane è una dote da pochi eletti, se non da pochissimi, in Italia.
Il tutto tenuto costantemente vivo dalla rima e dal sound sempre coinvolgente. Il suo pensiero dietro la stesura dei testi è come una libreria con tanti scaffali da cui prende ciò che serve al momento giusto e al posto giusto. 

Il cambiamento di Caparezza dentro Exuvia

L’album si compone di ben 19 brani tutti autoprodotti da lui stesso. Particolarità ormai consueta è quella di inserire degli skit, letteralmente delle piccole “scenette”, ossia dei brevi incisi di mezzo minuto circa, che servono a spezzare l’ascolto e anche per dare un momento di riflessione per capire a che punto siamo giunti nel lungo viaggio in mezzo alla foresta, come la definisce lo stesso Michele Salvemini, vero nome dell’artista.
Sì perché lui idealmente si trova come se stesse correndo in questa foresta “in fuga dal disco precedente” come afferma nei primi versi del brano “Fugadà”, in cerca di una nuova realtá, di un rifugio sicuro entro cui ripararsi in attesa di una nuova schiusa.

Nello stesso inciso con un gioco di parole riprende il nome “Fugazi” , un band attiva negli anni ‘90/2000 che si contraddistingueva (non solo, NdR) per il volume alto che pompava dagli ampli, come direbbe lo stesso Caparezza. 

Il background artistico e culturale su cui si basa il suo lavoro, è molto vasto. All’inizio della sua carriera si è molto ispirato allo stile di Frankie Hi-NRG, per il suo modo di esprimersi esplicito e chiaro.
Il suo stile musicale è ampio, spazia dal rock al rap, un pizzico di trap tutto rigirato dalla sperimentazione musicale nota di forza dell’artista di Molfetta. 

Nello stesso brano citato prima, come nel resto dell’album, il riferimento alla filmografia di Federico Fellini è chiaro. Ad esempio il film “8 e mezzo”. Il regista si ispirava a dei sogni che riportava nella scenografia del film. Quindi un’interpretazione non facile e a volte ai limiti del comprensibile. 

Il brano “Canthology” è una sinergia di allusioni ai precedenti lavori effettuati dallo stesso artista. È prodotto in collaborazione con Matthew Marcantonio, leader dei Demob Happy, in cui si riconosce subito una cura della parte solistica del brano, oltre che la parte del ritornello con un coro vocale. 

Tutto il testo è un rimando alla maggior parte dei lavori che hanno segnato la carriera di Caparezza, dove come in una sorta di autocritica, li cita uno dopo l’altro come una lista lunga di “imputazioni”. I suoi 7 album gli si rivoltano contro, una tempesta autogenerata… 

Altra canzone cardine è “Exuvia” in cui culmina tutto il senso dell’album, è il termine ultimo della sua trasformazione, del suo cambiamento in una altra forma, quasi ripudiando il suo passato. 

In certi tratti la sua scrittura irriverente, diretta e mai banale, si può avvicinare a quella di Rino Gaetano, cantautore dalla voce stridente, con una visione alternativa sulla contemporaneità del suo tempo. 

Tra i Talk Talk e Beethoven

Il brano “La scelta”, è fondamentale per descrivere il suo percorso artistico in cui volente o nolente, si è messi davanti a una decisione, senza sapere dove si vada a finire. Sapendo comunque che ogni singola scelta della nostra vita sarà determinante per tutto.

L’artista pugliese ha messo a confronto le vite del cantante Mark Hollis, leader dei Talk Talk, e del pianista Ludovic Van Beethoveen. Il brano gioca su questa ambivalenza di figure come se parlassero tra di loro a distanza di anni.
Ludovico e Marco, li presenta come due figure fuori da ogni tipo di riflettore. Infatti, il frontman Mark decise di lasciare la sua carriera di cantante affermato per dedicarsi alla sua famiglia, mentre invece Beethoveen decise di continuare ad esibirsi nonostante la perdita dell’udito.
Mark Hollis quello del “Questa è la mia vita non dimenticarlo” e dall’altra parte Beethoven, quello dell’ “Eroica”.

Un deserto come a Chernobyl

Come termine di vacuitá e dissoluzione, si presenta il brano “Come Pripyat”, riferimento esplicito all’esplosione del reattore nucleare della centrale di Chernobyl, vicino alla cittadina Pryp”jat( in ucraino).
Di fronte a tutto ció, il rapper ha interpretato il vuoto e l’abbandono di quei luoghi come simboli del nostro tempo, in particolare alle generazioni che cambiano e di conseguenza cambiano le abitudini della gioventù.

Il sound del brano è molto stile elettropop, moderna new wave (vicino al genere di The Weeknd il cantante canadese), quindi diverso dal resto dell’album. 

Fuori dal tempo

Un altro brano che spezza letteralmente il tempo del disco è “Zeit” (tempo in tedesco) , brano apparentemente “fuori dal tempo”, poiché la sua composizione musicale si struttura nella prima parte in terzine dispari e nella seconda parte in quartine pari, tutto ciò per dare il senso che il tempo è relativo e che non scorre sempre alla stesso modo. 

È un album forse da leggere al contrario, visto che come la materia esiste anche l’antimateria. Negare appunto tutto ciò che è stato per affermare la sua condizione di cambiamento verso un’altra forma.
È come un puzzle, da scoprire, da comporre e scomporre ricercando gli infiniti e altissimi riferimenti contenuti in esso.

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