“Suburbia”, opera prima di Mauro Di Capua, è un disco che farebbe invidia ai grandi nomi della fusion e forse la presente recensione potrebbe concludersi così, molto semplicemente. Ma è pur vero che bisogna presentare sempre una valida motivazione ad ogni affermazione ed allora ecco che una delle tesi che viene in nostro aiuto nasce dal fatto che ad un primo ascolto si possano già intuire tutte le potenzialità di questo disco. Potenzialità che derivano principalmente dalla raffinatezza delle composizioni. Merce rara la genialità. Merce rara la raffinatezza. Di Capua è il discepolo del grande Allen Hinds, un musicista di indiscusso talento che non si è certamente tirato in dietro nel collaborare con il suo amico italiano, producendo ottimamente questo disco e lavorando in modo davvero interessante su alcuni arrangiamenti dei brani in esso contenuti. Ma il nostro, oltre allo stesso Hinds, potrebbe essere ben fiero di aver potuto collaborare in questa sede con nomi altisonanti del panorama jazz/fusion. Ed allora ecco che troviamo alla batteria Land Richards, al basso il grande Jimmy Haslip, seguito a ruota da Jimmy Earl e Jimmy Johnson.Da non trascurare poi i talenti nostrani come Gabriele Manzi (tastiere), Beppe Basile (batteria) e Marco Onorato (sax), ma al di là della carrellata di ospiti e collaboratori che hanno preso parte e suonato sul disco, si ha l’impressione di essere di fronte a piccole jam completamente improvvisate. Inoltre quello che fa veramente la differenza è proprio Di Capua, un chitarrista che sfodera un’incredibile eleganza ed un gusto melodico di prim’ordine. Le composizioni sono intense e gli arrangiamenti maestosi, la tecnica è sempre al servizio del brano che a sua volta non ne diventa succube.Le iniziali “This For That” e “Jimi The Cat” ricordano il rock-fusion di Gambale, le cui eclettiche aperture melodiche sapranno fare la felicità dei palati più raffinati. “Parachutes” è una ballad strumentale splendida ed intrigante, la sua forza sta nelle armonie dolci ed emozionanti che fanno subito presa sull’ascoltatore. Forse uno dei brani migliori del lotto. Ma non ci sono riempitivi o brani meno convincenti in Suburbia, non c’è tempo per composizioni mediocri. Ne è la prova “Left Behind“, un altro brano intenso ed emozionante.Di Capua usa il linguaggio introspettivo della musica e con esso indaga a fondo nell’anima di chi lo ascolta. Il disco diverte nonostante si tratti di jazz e di fusion, musica impegnativa nell’ascolto. Diverte intensamente anche nei frangenti più ricercati come “Novocaine” e “Itch”, in cui la sezione ritmica dispensa memorabili virtuosismi, che come già detto non risultano mai esasperati. Lo stesso Di Capua si lascia andare ad un uso della tecnica sempre variegato ma mai autocelebrativo. Il suo fraseggio, estremamente interessante e ricercato, prende linfa in modo molto personale dal rock e dal jazz, producendo una perfetta commistione di generi diversi.Ed ecco che a dimostrazione di quanto detto arriva “I’ve Seen Things“, brano rock caratterizzato da un’atmosfera eterea che si apre ad un intermezzo progressive con un pregevolissimo assolo di piano tipicamente jazz, opera di Gabriele Manzi, seguito a ruota dalla chitarra di Di Capua. Interessante è la camaleontica “I’m The King Of Dancefloor“, ma ancor più magnetica risulta essere “Pouring Rain” in cui le atmosfere fusion s’intrecciano alla passionalità del blues e alla forza del rock, creando uno dei momenti più alti di Suburbia. E ancora una volta la chitarra è protagonista, creando giochi di armonie che piacerebbero tanto a Guthrie Govan o a Greg Howe. Mentre con le conclusive “Mullholland Drive” e “Carmel Serenade“ il jazz soffuso ed intimista torna nuovamente protagonista grazie agli intrecci raffinati di piano e sax. Una citazione d’obbligo va fatta all’ottima produzione, che ha avuto una durata di ben un anno, ma ha portato alla luce un lavoro omogeneo e perfettamente rifinito, donando all’intero album una sua riconoscibile dimensione. Suburbia è l’album delle soddisfazioni per Di Capua, perché non capita a tutti di poter dire così tanto in una sola opera prima. Sicuramente è consigliato l’ascolto non solo agli intenditori del genere, ma bensì ad una più larga fetta di fruitori della buona musica, perché, come è ben risaputo, la musica di un certo livello deve poter essere intesa da tutti gli estimatori. A Di Capua vanno i più sinceri complimenti. Marcello Mannarella Genere: fusion, jazz fusion Line Up:
Mauro Di Capua – chitarre
Alle Hinds – chitarra slide e acusticaBeppe Basile – batteria e percussioni
Gabriele Manzi – tastiere e piano
Land Richards – batteria
Marco Onorato – sassofono
Jimmy Haslip – basso
Jimmy Johnson – basso
Jimmy Earl – basso Tracklist:
1) This For That
2) Jimi The Cat
3) Parachutes
4) Chasing Time
5) Intro
6) Left Behind
7) Novocaine
8) Itch
9) I’ve Seen Things
10) I’m The King Of Dancefloor
11) Pouring Rain
12) Mullholland Drive
13) Carmel Serenade
Mauro Di Capua – Suburbia
"Suburbia", opera prima di Mauro Di Capua, è un disco che farebbe invidia ai grandi nomi della fusion e forse la presente recensione potrebbe concludersi così, molto semplicemente. Ma è pur vero che bisogna presentare sempre una valida motivazione ad ogni affermazione ed allora ecco che una delle tesi che viene in n
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