Con un passo leggero e silenzioso la mia cagnolina si è mossa senza farsi vedere, ha addentato un libro che stava sopra il tavolino in salotto, lo ha nascosto dietro il divano ed ha iniziato ad addentarlo. Prima che me ne accorgessi ne aveva già strappato la copertina e bucherellato qualche pagina.
Quando me ne sono accorto è fuggita a nascondersi per poi riemergere dall’oscurità del suo nascondiglio scodinzolando, come se niente fosse. La copertina l’ho riattaccata con lo scotch. Le pagine si sono salvate e sono riuscito a terminare la lettura del libro. Solo qualche bucherello qua e là, ma nulla più.
Forse le dava fastidio la copertina, oppure ama talmente tanto la fragranza della carta da non poter resistere alla tentazione di addentare un succulento e prelibato libro. Quando riguarderò la copertina, avrò un aneddoto in più da raccontare su questo libro e sul mio cane.
Intanto non mi resta che raccontarvi quello che, dalla lettura di questo libro, mi sono portato come riflessione.
Lavoro, lavoro, lavoro
Nick Hornby è un autore che ho amato per diversi romanzi. Primo fra tutti “Alta Fedeltà”, da cui hanno tratto anche l’omonimo film. La musica, una sua grande passione, come la letteratura, un’altra sua grandissima passione, si sono intrecciate in più occasioni.
Un altro testo molto bello dello stesso autore è “Una vita da lettore”, nel quale racconta i libri che ha letto nella sua vita e che lo hanno maggiormente colpito.
Allo stesso modo potrebbe fare per una vita da ascoltatore di musica, raccontando i musicisti che lo hanno maggiormente influenzato ed ispirato.
In questo libro decide di raccontare due personaggi incredibili, decide di metterli a confronto, tracciando delle similitudini uniche che hanno attraversato le esistenze di due personaggi tanto lontani nel tempo, quanto nella loro attività artistica. L’uno è Dikens, l’altro è Prince.
Ancor prima di iniziarne la lettura ho iniziato a pensare al sottotitolo del testo: “Uno speciale tipo di genio”. Mi sono domandato quanti tipi di genio vi possano essere e di come l’idea di genialità si manifesti nella vita di ognuno di noi. Hornby ne descrive la loro peculiarità.
Per una parte della loro esistenza la manifestazione della genialità è stata la produzione artistica e la capacità di lavorare a più progetti contemporaneamente, portandoli avanti, senza perderne mai l’intensità e l’energia creativa.
Dikens era in grado di lavorare a diverse opere letterarie, in tempi brevi, scrivendone anche tre in contemporanea, mantenendo attiva la complessità del romanzo, dei personaggi, della trama, delle caratteristiche peculiari delle opere.
Prince lavorava incessantemente in studio, pensando alla realizzazione di un film del suo più famoso album “Purple Rain”, e continuando a produrre altra musica, tenendola sempre attiva, in diversi contesti di lavoro, sia come sessioni in studio con altri musicisti, sia di produzione solista. Due anime sicuramente tormentate, ma energiche e ultra produttive.
Cos’è il genio?
Mi sono soffermato a pensare a cosa sia il genio e mi sono reso conto che nel mio immaginario l’idea che mi ha sempre colpito maggiormente, riguardo al genio sia quella di un individuo attraversato da una folgorazione improvvisa, da un’ispirazione.
Un po’ come doc Helmett Brown di Ritorno al Futuro, quando riceve l’immagine del flusso canalizzatore che permette i viaggi nel tempo. Mentre l’attività di Dikens e Prince mi offre una seconda immagine del genio, legata alla produzione costante, al lavoro senza sosta, su più fronti, capace di essere efficace anche se, apparentemente non focalizzato su un unico obbiettivo.
Chissà quante forme di genio appartengono alla vita? Difficile dirlo. Forse, se ci fermassimo ad analizzare le diverse manifestazioni di genialità che abbiamo incontrato nella vita, potremmo provare a stilare una sorta di elenco di diverse forme di genialità, ma credo non sarebbe utile a nessuno questo tipo di tassonomia.
L’occasione forse sarebbe più fruttuosa se provassimo ad immaginare le condizioni esistenziali nelle quali si trova ad agire l’uomo di genio. Cosa che per altro fa l’autore del testo. Il contesto in cui si vive, la società, le relazioni, le spinte interne ed esterne, le pressioni sociali, economiche, sentimentali.
Quanto altro potrei elencare? Potrei elencare un’infinità di caratteristiche che appartengono alla dimensione della genialità, a ciò che ha fatto si che essa si manifestasse. Potremmo trovare parallelismi tra molte persone che, in verità ad una prima analisi, ci sarebbero sembrate molto diverse.
Conosci te stesso
Nonostante questo, saremmo ancora lontani dal poter dire con certezza che cosa sia il genio. Dovremmo quindi rivolgerci a ciò che non possiamo immediatamente vedere, ma provare ad intuire, rivolgendoci al mondo interiore, alle volte tormentato, delle persone geniali che abbiamo incontrato nella nostra esistenza di fruitori dell’arte, della scienza, della vita in generale.
Credo che, al di là delle lungaggini che la mia riflessione possa portare con sé, un aspetto preponderante sia legato proprio alla dimensione interna del genio, alla sua riflessione personale su sé stesso.
Ci muoviamo in un terreno antico, molto lontano nel tempo, ma tremendamente attuale. Il detto di Socrate “Conosci te stesso” ha, forse, più di altri la capacità di farci mettere in moto per il nostro viaggio interiore, legato alla consapevolezza del nostro essere, nel quale cerchiamo di trovare noi stessi, la nostra vitalità, la nostra felicità, nel quale affrontiamo i nostri dolori e le nostre fatiche.
Leggendo le parole di Hornby, forse posso dire che ognuno di noi è un genio, a patto che scenda dentro sé stesso, che sia disposto ad affrontare la propria esistenza, per trovare la propria collocazione, la propria dimensione, dinamica, movimentata, cangiante nello spazio e nel tempo.
Buona ricerca e buona lettura.
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