L’album d’esordio di un cantautore o di una band spesso può rivelarsi già sorprendentemente maturo e dotato di tutte le carte in regola per entrare a pieno titolo nell’Olimpo della grande musica, ma solo i grandi artisti riescono a creare un’opera prima che sia già un vero e proprio capolavoro. Di sicuro hanno centrato in pieno questo obiettivo i Pearl Jam con Ten, un gioiellino, un distillato di rock allo stato più puro. Le basi musicali perfettamente costruite riescono in quest’album a risultare così evocative da essere complementari ai testi per la comprensione del mood e delle atmosfere dei vari brani,perché i sentimenti di cui sono intrise le parole (la rabbia,la disperazione,la rassegnazione,il dolore…) si trasformano in musica, aumentando la loro evidenza.Ten inizia in sordina con uno splendido crescendo musicale, ma vale ampiamente la pena di ascoltare un primo minuto di impeccabile intro perché Once si rivela senza dubbio un ottimo brano d’apertura, ed offre un saggio delle potenzialità della carica del front-man Eddie Vedder. Se l’ascoltatore è ancora scettico e vuole testare l’energia che sprigiona la musica del gruppo, basterà ascoltare Even Flow, il secondo brano, a dissipare ogni dubbio…Eddie si conferma qui un grande rocker,sfoderando tutta la sua grinta e lasciando fare il resto alla perfetta sintonia tra basso, chitarra e batteria. Uno sfondo di chitarre eccezionali esibisce Alive, una canzone che -eccellentemente interpretata da Mr. Vedder- si fregia di un testo molto efficace nella sua semplice tragicità… Anche la successiva traccia (Why Go?) vanta uno splendido arrangiamento: è fantastico il momento in cui le chitarre ammutoliscono per lasciare posto all’inizio del primo ritornello! Ad impreziosire ulteriormente questo brano troviamo poi un assolo che, nella notevole diversità del caso e del genere musicale, ricorda lo stile chitarristico di Brian May.Poi è il momento di Black, che un testo triste al punto giusto, un arrangiamento impagabile con favolosi inserti di piano e un’interpretazione toccante di Eddie rendono un assoluto capolavoro. Chi l’ha detto infatti che un brano drammatico come questo debba avere necessariamente un tappeto musicale lento e struggente alla Pyramid Song (uno dei successi dei Readiohead N.d.R.)? L’impareggiabile crescendo piano-chitarra nella tragica chiusa (I know someday you’ll have a beautiful life,I know you’ll be a star in somebody else’s sky But why, why, why can’t it be mine?, la perfetta esemplificazione di quei twisted thoughts that spin around my head, menzionati poco prima nel testo)e poi i virtuosismi chitarristici che sfumano lentamente, suggellano nel migliore dei modi questa perla di rara bellezza. Jeremy si dimostra già l’incarnazione del tipico grande brano dei Pearl Jam…Il ritmo non è affatto monotono ma camaleontico, pieno di fantastiche progressioni chitarra-batteria. Non si è mai stanchi di quest’arrangiamento che dimostra quali livelli possa toccare il rock con la R maiuscola. La musica di Oceans invece insieme ai cori conduce l’ascoltatore nei paesaggi dei sogni, nella terra dei ricordi e la sua melodia trasmette una sensazione struggente di infinito. Stupefacenti soli di chitarra arricchiscono Porch, invece, un altro sfoggio della carica di Vedder, quasi percepibile a pelle ogni volta che il ritmo si intensifica,mentre incredibili riff compongono la base musicale di Garden, più che mai adeguata al testo simbolico e enigmatico. Ottima qui la giustapposizione delle strofe quasi sognanti con il ritornello ritmato dalla batteria…Deep poi presenta il solito arrangiamento superbo alla Pearl Jam, che dà risalto ai temi di queste canzoni dal testo sintetico e dal titolo succinto ed evidenzia anche il talento di Vedder. La musica sembra “avvolgere” la rabbia di Eddie nel ritornello della song n.10… Segue poi l’avvio quasi soft dell’ultimo brano dell’album, Release; l’intera canzone si trascina senza davvero raggiungere un clou significativo. Discreto il testo,ma la musica è priva della consueta verve… Spetta alla voce di Eddie colmare le mancanze dell’arrangiamento ben costruito ma poco brillante. Chiudono l’edizione europea dell’album tre bonus tracks, cioè una live versione di Alive, Wash e Dirty Frank, una canzone un po’ atipica per il gruppo, che presenta un ritmo sapientemente sottolineato soprattutto dal binomio chitarra-batteria e un arrangiamento un po’ alla Red Hot Chili Peppers.
Casa discografica: Sony/Columbia
Anno: 1991
Aggiungi Commento