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Persi e ritrovati, il nuovo album di Simona Grasso e Paolo Anessi

Arriva da due grandi amici della nostra community la bella notizia di un nuovo disco, denso di storie ed emozioni forti.

Simona Grasso e Paolo Anessi sono due appassionati musicisti e insegnanti e, nella vita, anche una coppia affiatata sia nella quotidianità che nelle sfide musicali.
Insieme condividono da anni i palchi e se siete abituali frequentatori delle fiere chitarristiche li avrete sicuramente visti esibirsi presso stand di produttori di strumenti musicali, editori e palchi demo/live.
In più, come forse ben saprete, Paolo è anche un attivo redattore di articoli didattici e video proprio qui su Musicoff.

Oggi siamo davvero felici di presentarvi il loro nuovo album, intitolato Persi e Ritrovati, e per parlarvene non c’è modo migliore di leggere cosa gli stessi artisti hanno da raccontarci.
Abbiamo quindi fatto qualche domanda a Simona e Paolo…

Simona grasso e Paolo Anessi - Persi e ritrovati

Ben ritrovati Simona e Paolo, chiedo a te Simona qualche parola su questo lavoro. 

Persi e Ritrovati è un album che raccoglie dieci brani inediti, ognuno con la propria storia e identità. Ci si può perdere per amore, per l’abbandono della propria terra, per paura o per delusione e capita di ritrovarsi solo dopo che la tempesta è passata, in cui rimane solo la voglia di guardare avanti e andare oltre.  

Nella tracklist sono presenti sette brani cantati e tre strumentali. Io ho sviluppato principalmente testi e melodie, mentre Paolo si è occupato di melodie, armonie, arrangiamenti e sound design. 

Simona grasso e Paolo Anessi - Persi e ritrovati

Nei due brani cantati in lingua siciliana ritroviamo vivo più che mai il tema dell’emigrante, in cui il viaggio assume diverse forme: quello verso terre lontane per cambiare vita (“Viaggio Verso Nord”) o il volare con la mente alla propria terra d’origine ormai lontana (“Sisily”). 

Attraversando le canzoni c’è un elemento ricorrente che le accomuna… il mare! A lui una vera e propria dichiarazione d’amore in “Ultimo Tramonto sul Mare”, un desiderio divenuto esigenza in “Tu Sei Per Me”, una risorsa da preservare in “Time Out”.
Perdersi e ritrovarsi può voler dire toccare il fondo per poi risalire. 

Un po’ come accade in “Come Morire”, in cui si parla di depressione dal punto di vista di chi la vive o in “Quanta Vita”, in cui ci si chiede quanto tempo servirà per guarire da un amore tossico.  
Ogni canzone racconta emozioni e sentimenti, mischiati a ricordi e momenti di vita. E l’uso degli effetti sulle chitarre crea una singolare dimensione sonora che fa immergere chi ascolta in un viaggio sonoro unico. Ogni brano, infatti, ha richiesto un gran lavoro di ricerca per quanto riguarda la scelta di suoni, effetti e arrangiamenti. 

In primo piano si avverte sempre un suono di chitarra vero e molto presente, ma contornato da effetti posti in pre-produzione, che arricchiscono l’ambientazione sonora in maniera quasi orchestrale e facendo dimenticare che si tratta ‘solo’ di due chitarre e una voce.

Simona ti sei occupata della stesura dei testi, vuoi raccontarci qualcosa di più?  

Nella scrittura dei testi mi sono confrontata con tante emozioni diverse e anche diversi linguaggi.
Partendo da quest’ultimo aspetto, i linguaggi, sicuramente in evidenza ci sono i due brani in siciliano, con cui indubbiamente ho voluto omaggiare le mie origini, ma per i quali in un certo senso ho rivissuto alcune delle sensazioni che provarono anche i miei genitori, quando come molti a quel tempo si trasferirono per necessità. 

I diversi linguaggi, inoltre, non riguardano solo la scelta delle parole, se in italiano o in dialetto, ma anche il tipo di espressione ritmico melodica che un certo arrangiamento ti comunica: in “Time Out”, per esempio, il testo nasce da un flusso di pensieri concatenati l’uno all’altro e l’arrangiamento un po’ cupo e ridondante mi ha indirizzato quasi naturalmente verso contesti pop/ rap.  

Parlando invece di emozioni, ogni brano racconta a suo modo una situazione o uno stato d’animo e in certi casi non è stato semplice trattare alcuni temi delicati, come quello della morte, per esempio.
Prima della pubblicazione di “Come Morire”, infatti, ero consapevole che non tutti ne avrebbero colto il senso e tanto meno il messaggio di solidarietà nei confronti di chi soffre di depressione.
Però in fondo si sa che ognuno può interpretare un testo come vuole e vederci cose che l’autore nemmeno immagina. 

Potresti darci una breve descrizione per ogni traccia?  

  • Ultimo Tramonto Sul Mare – I suoni, i colori e il profumo del mare raccontati in musica la sera prima di un viaggio che porta lontano, da chi quel mare lo conosce bene, ma che forse non rivedrà più. Basterà il suo ricordo a lenire gli inevitabili momenti di malinconia?  
  • Come Morire – Il tema della depressione visto dalla parte di chi la vive. Qui si sente appieno tutto il malessere, il fluire di cattivi pensieri e quel disagio spesso non compreso o sottovalutato da chi c’è intorno.  
  • Quanta Vita – Quanto male fanno le relazioni tossiche, quelle che ci fanno soffrire, che fanno perdere ragione e dignità e che spesso neanche il passare del tempo riesce a cancellare completamente. 
  • Tu Sei Per Me – Ricordi di mare e di vacanze, in cui la vita scorre leggera e si riempie di momenti unici. Ma a volte certi luoghi entrano nell’anima e il desiderio di tornarci prende il sopravvento, mettendoci di fronte a cambiamenti o scelte di vita.  
  • Sisily – La malinconia, che accompagna chi si allontana dalla propria terra, viene per un momento assopita dai preziosi ricordi di essa: il mare, il vento, i fiori, il sole e le mandorle, momenti vissuti in una Sicilia che, seppur abbandonata, rimarrà sempre nel cuore.  
  • Viaggio Verso Nord – Il viaggio dell’emigrante verso terre lontane, un tema tanto antico quanto attuale, che da sempre accompagna chi lo vive con sentimenti di tristezza, curiosità, voglia di riscatto, ma allo stesso tempo sconforto e rassegnazione.  
  • Time Out – Tante le tematiche affrontate in un flusso unico di pensieri: dagli effetti della pandemia, al disinteresse verso il pianeta, dall’orrore della guerra alle ingiustizie ormai consolidate di una società votata al denaro e al proprio benessere. Il tempo è finito: è ora di aprire gli occhi e agire.  

Come nascono i vostri brani?  

Abbiamo cominciato a scrivere e buttare giù idee per degli inediti da almeno una decina d’anni.
Tra bozze, sperimentazioni, brani più o meno finiti, ci siamo ritrovati una sessantina di chiamiamole ‘creazioni’, poi il cuore, la voglia di sintetizzare un pensiero e un sentimento attraverso una manciata di accordi, ci ha portato alla scelta della tracklist dell’album. 

Paolo come mai la scelta di includere tre brani strumentali?  

Ritengo che la musica strumentale sia semplicemente altro, ho voluto comporre dei preludi musicali, che hanno l’intento di portare l’ascoltatore in un certo stato mentale e di ascolto.
Soluna #2 è un’introduzione, un inizio da album, un brano che incarna la mia visione di Simona che riesce a mettere insieme la dolcezza della luna e la potenza del calore solare.
Jappao #6, come del resto anche Mamahambari@4, sono brani che rappresentano il viaggio. La prima è influenzata da scale giapponesi, cultura di cui sono appassionato da anni, mentre per la seconda c’è la passione verso la cultura musicale dell’India del sud, per la quale ho persino pubblicato un manuale sui modi indiani (Melakartas). 

Mentre per la produzione delle chitarre che idea hai seguito?  

La volontà era quella di ricercare qualcosa di nuovo e abbiamo sperimentato parecchio. Siamo partiti dall’idea di ricercare un suono moderno, quasi elettronico per le chitarre. Ho iniziato a sperimentare con gli effetti, accorgendomi che sommando diversi delay (lavorando sul parametro “predelay” e concatenando dei pitch shifter) e grazie alle dinamiche, potevo decidere quali suoni far venir fuori dall’arrangiamento.  

Simona grasso e Paolo Anessi - Persi e ritrovati

Senza contare un uso massiccio di riverberi, che mi hanno permesso di ottenere un sound di chitarra molto complesso: avendo registrato il tutto in studio con Kemper, pedaliera Zoom G6 e diversi pedali analogici, avevo tutto il routing in cuffia.
A quel punto ho posizionato due microfoni davanti alla semiacustica, un condensatore vicino alla cassa e un microfono a nastro puntato sulla tastiera in corrispondenza del 12 tasto.
Questo mi ha permesso di ottenere una certa tridimensionalità con il suono della semiacustica: grazie a quello diretto e ai vari predelay regolati correttamente, davanti si sente il suono tondo e l’attacco vivido dello strumento, poi il suono elettrico carico di effetti al limite da sembrare una tastiera in molti punti. 

Il rovescio della medaglia è che un suono del genere non permette editing invasivo: stai registrando con una montagna di effetti, di conseguenza i brani sono stati registrati in un’unica take per ogni strumento. 

Quindi gli assolo sono sovraincisi?  

Sì, sono sovraincisi e sono tutti frutto di improvvisazioni. Ritengo che l’energia di un assolo improvvisato sia più evidente rispetto a uno composto, almeno sul mio modo di suonare.
Poi dal vivo cercherò di riprendere i tratti melodici più intensi, ma di base è una precisa volontà lasciare questa parte aperta all’estemporaneità. 

Simona, come mai la scelta di suonare la chitarra con l’octaver?  

Dopo tanti anni che suoniamo insieme, avevamo voglia di trovare un nuovo sound per questo lavoro. Avendo molta passione per tutto ciò che è ritmico, mi sono sempre dilettata a trovare buone soluzioni nei bassi della chitarra e con la pedaliera Zoom G6 è stato abbastanza facile settare un octaver sotto di 12 semitoni.
A quel punto mi sono presa del tempo per trovare le linee di basso che meglio si fondevano con gli arrangiamenti che Paolo mi proponeva.

Paolo, sappiamo che hai uno studio (Black Studio Recording) ma vorrei sapere se ci sono differenze dal produrre se stessi o altri lavori che passano dal tuo studio?  

Guarda, non ti nego che la differenza è stata abissale, almeno dal punto di vista artistico: quando sei colto da dubbi è più difficile trovare un confronto. Senza contare tutta la parte di promozione…
Noi ad esempio abbiamo scelto di pubblicare da indipendenti utilizzando al meglio delle nostre capacità il web e i social. Poi nel work in progress aggiustiamo il tiro e cercheremo di non farci perdere nessuna opportunità per far ascoltare il nostro lavoro. 

Quando lavori per altri sono tantissimi i fattori che influenzano le possibili diverse strategie, quando il lavoro è tuo a volte è già difficile scrivere un comunicato che descrive ciò che hai fatto. 
Ma insomma ci siamo impegnati al massimo per cercare di fare un buon lavoro di promozione. 

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