L’ultima fortuna del compianto Piero Umiliani forse è stata quella di essere riscoperto prima della morte, contrariamente a quanto troppo spesso accade ad artisti caduti nel dimenticatoio che tornano sulla cresta dell’onda con opere postume.La nuova vita commerciale di Piero Umiliani è cominciata negli anni ’90 con il ritorno in auge della “lounge” e della “cocktail music”. In realtà Piero Umiliani è conosciuto da tutti, anche se il nome può suonare sconosciuto: è infatti l’autore di Mah-nah Mah-nah, quel motivetto che ha fatto da colonna sonora a comiche e trasmissioni televisive, vittima ancor oggi di cover riuscite più o meno abusate oppure di orrendi mutilamenti; una canzoncina con un riff semplice che molti di noi si sono ritrovati a canticchiare qualche volta. La genialità di Umiliani non si fermava all’orecchiabilità ed all’ironia. Piero Umiliani era innanzitutto un maestro, in grado di stupire chiunque per la sua tecnica, la sua inventiva, ma soprattutto per la sua versatilità e quella sua impronta inconfondibile fatta di armonia, ritmo e buon gusto.E’ morto il 14 febbraio del 2001 a 75 anni, lasciandosi alle spalle una discografia interminabile e di tutto rispetto. Piero Umiliani ha ricevuto forse poco per una persona che ha dato tanto non solo alla musica italiana ma anche al cinema. E’ stato infatti uno dei più grandi compositori di colonne sonore degli anni d’oro del cinema italiano, l’inventore del “jazz cinematografico all’italiana”, sperimentato per la prima volta ne I Soliti Ignoti di Monicelli, tendando e riuscendo a miscelare chitarra e contrabbasso, per creare una musica divertente ma allo stesso tempo tragica. Swing e blues si fondono incredibilmente nelle opere di questo maestro, insieme a suoni elettronici e strumenti etnici. La sua attività è iniziata nel 1958 ed è terminata nel 1981 ed è anche grazie alle sue creazioni degli anni ’60 che le colonne sonore dei film italiani sono divenute famose nel mondo ed a lui dieci anni dopo si sono ispirati ad Hollywood per creare quei temi per film e telefilm che oggi sono così popolari. L’album L’uomo E La Città (The Man And The City), è stato pubblicato per la prima volta nel 1967 dalla Liuto Records in sole 300 copie. Nel 2001 l’etichetta Easy Tempo (divisione della Right Tempo) ci ha regalato questa riedizione fedele all’originale con tutti i titoli tradotti in inglese, per diffondere il più possibile l’opera di questo grande artista, sicuramente più apprezzato all’estero che a casa nostra. Si tratta di un concept album e non di una colonna sonora, dove Umiliani musica le varie parti di una città, teorizzandone le sensazioni e le ambientazioni. Umiliani suona il Moog, un Hammond Wurlitzer e dirige strumenti tipicamente jazz (piano, trombe, tromboni, flauti, sax, batteria e basso). Degli otto pezzi presenti in questo album solo tre sono presenti in più versioni, comunque interessantissime ed intriganti, per un totale di 13 tracce.Il pezzo che da il titolo all’album è tipicamente jazz, con una linea melodica breve ed orecchiabile, dotato di grande ritmo, qualche improvvisazione e veloci cambi di strumenti, presente in tre versioni di cui una arricchita da Moog ed organo Hammond. I titoli Città Amica, Città Frenetica, e Quartieri Alti lasciano facilmente intuire lo stile musicale dei rispettivi brani; mentre Centrali Termiche è ripetitiva, ipnotica; Viadotti e Rete Urbana sono brani nervosi, che dipingono il caos cittadino, in Suoni Della Città si ha quasi l’impressione di assistere a qualcosa di decisamente sperimentale rispetto alle innovazioni musicali apportate dallo stesso autore in decenni di esperienza. In questo album Piero Umiliani rompe gli schemi del jazz aggiungendo il potere del mitico sintetizzatore: il risultato non è mai scontato o banale, il suono non risulta mai ripetitivo ma cattura e trasporta in meravigliose atmosfere nel cuore di un’immaginaria metropoli.
Casa discografica: Easy Tempo
Anno: 2000
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