Con “A Saucerful Of Secrets“, che venne pubblicato nell’estate del 1969, l’era post Syd Barrett della produzione dei Pink Floyd inizia il proprio sviluppo.
Non in molti, in realtà, avrebbero scommesso sul futuro della band una volta privata del proprio geniale leader Syd Barrett ormai ridotto alla follia dagli acidi e dalla depressione. Con il chitarrista David Gilmour, tuttavia, il gruppo riesce a pubblicare un album che, pur contenendo qualche idea mediocre, presenta anche brani assolutamente indimenticabili.
È il caso per esempio di “Let There Be More Light“, che apre il disco con la sua spaziale intro di chitarra e organo dai dal timbro molto progressivo. Il brano mette in successione scarne strofe a ritornelli di grande potenza strumentale prima dell’assolo di chitarra finale. Segue “Remember A Day“, scritta da Wright al pianoforte. Il pezzo è meno memorabile del precedente, ma dovette piacere molto ai Floyd che lo inserirono nella raccolta “Relics” del 1971.
“Set The Controls For The Heart Of The Sun“, costruita su un riff di poche note che si protrae per tutta la sua durata, propone interessanti frasi d’organo e chitarra che si fondono su un tappeto ritmico ostinato prodotto dalla batteria di Nick Mason; l’atmosfera misteriosa e sospesa ne farà uno dei brani preferiti dai Floyd dal vivo, come testimoniano “Ummagumma” e il video “Live At Pompeii”.
“Corporal Clegg” è la parodia di una marcia militare, dai toni assurdamente allegri con tanto di kazoo a fare il verso della fanfara e i piatti che scandiscono il tempo regolare del passo. Nessun paragone diretto è proponibile, ma non occorre molta immaginazione perchè il Corporal (caporale) Clegg reduce di guerra ci richiami alla mente il Sergeant Pepper dei Beatles.
L’album sembra avere così esaurito le proprie idee, quando le prime note d’organo di “A Saucerful Of Secrets” si fanno largo per tessere una nuova meravigliosa atmosfera, sospesa e misteriosa. Siamo giunti indubbiamente al momento migliore del disco: il brano cambia forma mentre si inseriscono la batteria ostinata e secche note di pianoforte. La chitarra di Gilmour intanto inventa suoni nuovi con un meraviglioso uso del bottleneck. Il maestoso finale corale, dopo 12 minuti di improvvisazione, è accompagnato dai profondi accordi d’organo di Wright.
Con questo strumentale si apre una nuova fase nell’evoluzione del sound del gruppo: davvero i Pink Floyd non sono morti, e soprattutto David Gilmour dimostra di aver appreso molto bene lo stile del suo maestro Barrett e di averlo elaborato personalmente per contribuire a definire la nuova identità musicale della band. Indimenticabili le versioni live del brano contenute in “Ummagumma” e “Live At Pompeii”, nella quale si può osservare da vicino lo stile dei Pink Floyd che suonano solitari nell’arena della città romana sepolta.
Davvero poca cosa, in confronto alla meravigliosa suite precedente, sembra allora “See Saw“, ballata di Wright dal testo interrogativo e dal ritmo terzinato spezzato a tratti dal gong e da altri misteriosi effetti sonori. Jugband Blues rappresenta l’ultimo contributo ufficiale di Syd Barrett negli album dei Pink Floyd. Nella canzone ritornano gli elementi scherzosi di Corporal Clegg e improbabili coretti vocali prima del finale zeppo di effetti sonori.
Appare chiaro che la straordinaria vena creativa di Syd con la band si è (ovviamente per il momento) tristemente esaurita, ma che i Pink Floyd sono vivi e vanno assumendo una nuova e originalissima identità.
Tracklist
Casa discografica: EMI
Anno: 1969
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