Una raccolta assolutamente imperdibile. Ancora una volta gli ormai mitici Pink Floyd ci regalano tante emozioni tutte insieme. David Gilmour, Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright, completamente live. Trenta pezzi che hanno fatto la storia della musica internazionale. Trenta pezzi indimenticabili. Trenta pezzi assolutamente straordinari. Tutto di questo album è stra-ordinario. A partire dalla copertina (raffigurante quattro maschere con la forma dei visi dei quattro Pink Floyd), all’assoluta ascoltabilità qualitativa, anche se si sta parlando di una raccolta di brani live, per finire ai booklets (sono due!), pieni di fotografie, magnifiche e tutte molto scenografiche, accompagnate da alcuni commenti dei musicisti. L’ascolto inizia con Mc:Atmos, modo carino per intendere make atmosphere (lett. creare atmosfera) che lascia, però, subito spazio alla potentissima In The Flesh?, nella quale la Strato di Gilmour suona come poche volte ha fatto nelle mani del maestro della chitarra psichedelica. Dopo The Thin Ice, ballata nella quale si sente un bambino piangere (idea assolutamente geniale!), verrà il brano che ha sicuramente segnato maggiormente la storia di quest’immenso gruppo. Trattasi di Another Brick in The Wall. Il RE suonato da Waters prima e da Gilmour dopo, renderanno perfettamente in musica ciò che il testo vuole significare. Un senso di costrizione, di inadeguatezza verso la vita e verso questa condizione di chiusura verso il mondo per mezzo di un muro ci accompagnano per tutto il brano. Sarà diviso in tre parti, così da riprendere il motivo saliente per ben tre volte durante il disco. Nell’intervallo tra la prima e la seconda parte è presente The Happiest Days Of Our Lives, brano rappresentativo sin dal titolo. Subito dopo segue Mother altro pezzo assolutamente storico durante il quale David suonerà un’acustica dal suono assolutamente inebriante. Si passerà attraverso canzoni del calibro di Goodbye Blue Sky ed Empty Spaces o What Shall We Do Now? (lett. cosa possiamo fare ora noi?) continuando con Young Lust, per apprezzare la qualità delle musiche, ma soprattutto dei testi usciti quasi tutti dalla mente geniale del bassista del gruppo Roger Waters. Subito dopo i Pink Floyd ci riporteranno in un’atmosfera assolutamente psichedelica con il brano Don’t Leave Me Now, nel quale tiene il tempo non uno strumento, ma il respiro di un uomo. Il primo disco si chiude con la parola goodbye. L’audizione ricomincia con uno dei fraseggi più famosi della storia della musica: è quello di Hey You, imprecazione verso un qualcuno al di fuori del muro. Questo concetto sarà subito ribadito nel brano seguente intitolato Is There Anybody Out There? (lett. C’è qualcuno lì fuori?). Il livello musicale di queste due songs è assolutamente indiscutibile. In particolare nella seconda, un tappeto di cori accompagna Gilmour che arpeggia con una chitarra dal suono pulito. Altro pezzo inopinabilmente storico è la meravigliosa Comfortably Numb, canzone cantata da Water prima e da Gilmour dopo, durante il ritornello. Un synth ci introduce, poi in The Show Must Go On, frase ormai proverbiale, pezzo che continuerà con un tempo molto semplice e cadenzato che sarà repentinamente smorzato dall’Hammond di Wright e dalla Fender di Gilmour con In The Flesh. L’ascolto continua con Run Like Hell (lett. corri come un pazzo) caratterizzata da una chitarra ricca di delay anche abbastanza pronunciato, nella quale si sente tutto lo sfogo che bolliva dentro le anime dei quattro Pink Floyd. Gli ultimi due brani, The Trial e Outside The Wall hanno, poi, un fortissimo significato nel testo più che nella musica. Il processo nel quale compaiono la voce del giudice e della madre del prigioniero imprecante la liberazione del figlio, la sua successiva uscita, e la caduta del muro, segnano la degna fine per una raccolta di questo spessore.Disco 1
Disco 2
Casa discografica: EMI
Anno: 2000
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