Automatic For The People segna, nel ’92, il secondo grande successo per gli R.E.M., subito dopo Out Of Time (lavoro nel quale erano presenti brani come Losing My Religion o Shiny Happy People). Il loro sound, ancora una volta, è inconfondibile e la voce di Michael Stipe perfettamente riconoscibile. Il cd apre con l’intro di Drive, un bellissimo arpeggio pieno d’effetti, ma mai stancante, com’è nella tradizione di Peter Buck. Il cantato inizia accompagnandoci in un cammino nei meandri più oscuri della mente umana. Risulta non troppo cadenzato e miscelato diligentemente con una tastiera riproducente violini ed effetti che rendono il tutto molto più sognante. Nel bel mezzo del brano poi, si è letteralmente svegliati da una particolare specie di distorsione che il chitarrista usa in un fraseggio. Altro brano quanto meno psichedelico e dalle sonorità quasi celtiche è Try Not To Breathe (lett. prova a non respirare). In effetti, la musica è costituita da quattro accordi che si ripetono e da un cantato neanche troppo elaborato (accompagnato, verso la fine, da due voci background, una elettronica ed una in falsetto). L’amalgama è caratterizzata sapientemente da uno strumento che ricorda un oboe. L’accompagnamento di Bill Berry si presenta anch’esso molto semplice e fondato principalmente sul charleston, così da non interferire troppo nell’ondata di sentimenti che ci regala questo brano. Segue The Sidewinder Sleeps Tonite, brano più ritmato ma che comunque, grazie alla voce di uno Stipe urlante, ricorderà melodie lontane. Userà in quasi tutta la canzone, infatti, tonalità altissime. La parte del leone la fa sicuramente la tastiera utilizzata per lo più come un’orchestra acusticamente modificata sulle specifiche della voce del cantante. Subito dopo la fine della terza traccia, si ha come l’impressione di ricadere nell’atmosfera dalla quale The Sidewinder Sleeps Tonite ci aveva tratti. Ci s’immerge mente ed anima in un arpeggio suonato da Buck. Una piacevolissima tristezza è evocata dalle note di quella chitarra. La parte più bella di questa canzone è di sicuro il testo, assolutamente realistico. Everybody Hurts (lett. ognuno ferisce) racconta degli errori quotidiani di ognuno di noi. Bill Berry sembra quasi annientato fino alla conclusione, durante la quale il brano, seppur restando sempre lento e cadenzato, esplode con un accompagnamento più batteristico ed una chitarra che, finalmente, mette su un po’ di distorsione, cosa che per il chitarrista dei R.E.M. è assolutamente inimmaginabile. Il quinto pezzo, intitolato New Orleans Instrumental No. 1, anche se dal nome evocherebbe jam sessions di jazz anni ’30, altro non è che un sinth vibrante seguito da basso e chitarra. Il brano dura poco (circa due minuti e dieci) ma è come un tranquillissimo concentrato d’atmosfera e sentimento portato sugli strumenti da quattro amici che provano a suonare qualcosa. Sweetness Follows invece, inizia con Peter che, insieme ad una chitarra acustica, ci segna l’andamento di tutta la canzone. Effettivamente in questo brano la ritmica e la melodia si basano entrambe su questo riff che cambierà solo per un attimo durante il ritornello. La parte migliore del brano, comunque, rimane la voce, anche se pienissima di riverbero e di delay, accompagnata da un sinth sicuramente piacevole, ma anche troppo cadenzato. Una chitarra che sembra un banjo segna l’inizio della track numero sette, Monty Got A Raw Deal. Questa è totalmente differente dalle altre. Si potrebbe (ma non vorremmo azzardarci !) definire un pezzo rock melodico. Sono presenti batteria (anche abbastanza decisa), basso, pochi effetti ed un bellissimo tappeto creato da strumenti d’origine celtica, cori e chitarra. Una bella canzone che però, non ha niente da invidiare ad Ignoreland. L’ottavo brano, in tutto simile al settimo, si presenta ancora più ritmato e caratterizzato da una timbrica quasi funky. Ottime sono le intersezioni di suoni tra basso, che assume un timbro elettronico, e chitarra. Molto presente è la batteria, sicuramente la migliore di tutto l’album. La voce è, ancora una volta, estremamente piena d’effetti, quasi a voler mantenere per forza il sound assunto fino a quel momento. Subito dopo, Star Me Kitten. E’ un tranquillo swing con un profondo sentimento. Cosa assolutamente rilevante è il tocco singolare e ricercato di Berry su di un piatto che segna, senza far nient’altro, la ritmica del brano. Certamente fondamentali sono i cori che accompagnano la chitarra, assolutamente clean, di Buck e la voce di Stipe durante tutta la canzone. In Man On The Moon, il chitarrista riprende in mano la chitarra acustica al fine di creare qualcosa di nuovo. Ci riesce perfettamente, tanto da inventare una ballad che riprenderanno qualche anno più tardi come colonna sonora di un famoso film americano. La cosa che si nota di più sono le background presenti nel ritornello. Anche la batteria ed il basso si fanno sentire, forse a scapito di una chitarra principalmente slide che però si nota in un solo al centro del brano. Bill Berry fa uso anche di una vasta gamma di suoni riproducenti percussioni varie. Il finale è assolutamente travolgente. E’ come se tutti i musicisti avessero alzato il volume e si fossero messi a suonare la stessa cosa per diecimila volte o forse più. Un brevissimo staccato di violini e un’introduzione interamente di pianoforte sono l’inizio di uno dei due capolavori: Nightswimming. Di questa canzone è bello assolutamente tutto: dal testo alla musica (neanche tanto ricercata ma assolutamente coinvolgente) al video-clip. Fondamentalmente si tratta di un brano composto solo da voce, piano e violini. Il vero non plus ultra della produzione è però Find The River (lett. trova il fiume). E’ un brano meraviglioso e perfettamente sognante, malinconico, triste ed ispirato allo stesso tempo. La caratteristica tecnica principale è sicuramente un coro (che assomiglia molto ad una voce femminile e mantiene quella di Stipe durante il ritornello) differente da tutti gli altri. E’ sicuramente ciò che rende tutto il lavoro sentimentale. In più è presente quel pathos indimenticabile di tutte le produzioni dei R.E.M.
Casa discografica: Warner Bros Records
Anno: 1992
Aggiungi Commento