Monster esce nel Settembre del 1994, ancora una volta sotto la produzione di Scott Litt. Dopo i successi strabilianti dei due lavori precedenti i R.E.M. si prendono il lusso di elaborare uno stile nuovo, molto distante – almeno al primo impatto – dai loro canoni tradizionali. Il sound che ne deriva è fortemente influenzato sia dalla scena musicale “grunge” di quegli anni ma anche da un forte ripescaggio delle sonorità “hard” e “glam” degli anni ’70. Il disco è costruito quasi esclusivamente sulla chitarra di Peter Buck e questa è già una nota interessante dato che, solitamente, lo stile di Buck è minimale e sfuggente. Questo lavoro è quindi marcatamente “rock”, trasuda moltissima energia, come ormai non accadeva dai tempi di Lifes Rich Pageant. L’album fu registrato a Seattle, nuovo domicilio di Buck, e questo aspetto – certamente non secondario – la dice lunga sul genere di contaminazioni che il disco racchiude al suo interno. Thurston Moore, guru dello sperimentalismo noise, mente geniale ed allucinata dei Sonic Youth, nonchè vecchio amico di Michal Stipe, sancisce questo bagno nelle sacre acque del rock alternativo battezzando questo lavoro con un cameo chitarristico in Crush With Eyeliner.La sperimentazione si configura quindi come l’asse portante di Monster, tutte le canzoni sono dei piccoli esercizi di stile, ognuna ha qualcosa di veramente particolare che la differenzia dalle altre. Il risultato finale è quindi un piccolo “mostro” dalle forme non ben definite e magari anche un po’ sgraziato, ben espresso dalla copertina del disco. Il titolo dell’album potrebbe quindi intendersi come un commento autoironico della band, dato che si poteva ben immaginare la reazione che avrebbe avuto il pubblico ad un simile lavoro. Monster è un tributo alla memoria dei Led Zeppelin, dei T. Rex e di tutti gli altri protagonisti dei magnifici seventies, un ulteriore ampliamento dei confini del proprio sound, l’ennesima sfida alla quale i R.E.M. hanno aderito uscendone nuovamente vincitori. Si potrebbe dire che, come Document raccontava gli anni ’60 con gli occhi degli anni ’80, questo Monster racconta gli anni ’70 con gli occhi degli anni ’90. Non è un caso che sia Document che Monster siano venuti alla luce nel bel mezzo di queste due epoche, quando si respirava in pieno l’aria della decade in corso ed era già possibile stilare le prime analisi ed i primi bilanci. Sempre dal punto di vista delle tematiche e delle atmosfere, va ricordato che se Automatic For The People aveva un non so che di funereo questo Monster è addirittura dedicato a due celebri artisti deceduti prematuramente: River Phoenix e Kurt Cobain. Entrambe gli artisti erano amici di Michael Stipe ma se River Phoenix era morto l’anno precedente (da qui la dedica presente nell’album) al contrario, Kurt Cobain, morì durante le registrazioni di Monster e questo tragico episodio finì inevitabilmente per condizionare la realizzazione del disco. Un esempio lampante è costituito dalla canzone Let Me In, il cui testo è palesemente ed appassionatamente riferito alle ultime vicende del tormentato leader dei Nirvana.Rimane il fatto che l’argomento principale di questo album è il sesso, unitamente ai comportamenti devianti ed alle debolezze che gli girano intorno. Crush With Eyeliner è graffiante, racconta di una infatuazione a tratti quasi voyeuristica e dell’ossessione che ne deriva. Strange Currencies percorre lo stesso sentiero, ma con più romanticismo, mentre l’ipnotica Bang And Blame indaga nel senso di colpa, nel rancore e nella frustrazione per un amore sfumato. I Don’t Sleep I Dream, Star 69 e Tongue nascondono, più o meno velatamente, segreti perversi ed inconfessabili. King Of Comedy e I Took Your Name sono in qualche modo legate da tematiche sull’esteriorità, parlano dell’arte – un po’ vacua – di ammaliare, sedurre e condizionare il proprio prossimo. Circus Envy si vergogna e prende le distanze da tutto ciò mentre You è sicuramente la canzone che, più di ogni altra, sa come parlare dell’ossessione d’amore. A completare il quadro arrivano le liriche stralunate e la ritmica accattivante di What’s The Frequency, Kenneth? e la già citata Let Me In, un epitaffio che fa vibrare l’anima a colpi di spietati feedbacks.Monster è un album da marciapiede, si concede all’ascoltatore con un sound sporco e con testi che – dato il contesto – si guardano bene dal fare la morale. Abbandoniamoci quindi ai piaceri che ci vengono offerti da questo lavoro spigoloso ed allo stesso tempo sfacciatamente sexy, come può esserlo solo un disco di puro e sano rock americano.
Casa discografica: Warner Bros.
Anno: 1994
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