Se vogliamo considerare Chronic Town come un piccolo demo o album promozionale allora senza dubbio questo Murmur può essere definito come il primo album della band.Registrato nel Gennaio del 1983 e prodotto da Mitch Easter e Don Dixon, questo lavoro riprende le tematiche ed il sound del disco precedente ed ancora una volta mette tutti d’accordo: sia pubblico che critica.In questo album sono presenti canzoni che il gruppo già eseguiva agli esordi e che non erano state inserite in Chronic Town (Radio Free Europe, Sitting Still e Shaking Through) più tutta una serie di nuovi brani che il gruppo aveva composto nei quindici mesi successivi alla pubblicazione del loro EP di esordio.Questo, come il precedente, è un lavoro carico di sperimentazioni: presenta campionamenti insoliti tipo palle da biliardo che si urtano o parti di chitarra suonate al contrario ed è ricco di tracce sovraincise che gli conferiscono un suono pieno e rumoroso. Se con Chronic Town i nostri ragazzi si erano prefissati di ricercare delle sonorità e delle atmosfere inquietanti, misteriose e gotiche (così ben rappresentate dal doccione di Notre-Dame presente in copertina) allora con questo “mormorio” si può dire che portino a buon fine l’esperimento.Michael & Co. al tempo se la dovevano divertire come matti a vedere le reazioni di stupore e disorientamento provocate dall’ascolto di un tale lavoro. A chiunque chiedesse maggiori ragguagli sul significato di quell’incomprensibile mormorio di suoni e di parole gli veniva detto solamente che murmur era una delle sei parole inglesi più facili da pronunciare e che per quel motivo fu scelto come titolo dell’album.Dovremmo credergli? Col senno di poi sicuramente no visto che a distanza di molti anni ormai ci appare chiaro quell’immenso capolavoro stilistico che è Murmur e questo ci fa apprezzare ancora di più quanto potessero essere avanti i neonati R.E.M. del 1982. Il tema che può racchiudere in un unico motto tutto il progetto che c’è stato dietro questi due lavori d’esordio è quella del “niente è come sembra”. I primi R.E.M. depistavano in un modo così sfacciato, ma anche così ricercato che a partire proprio da quel “suspicion yourself” di apertura di Chronic Town fino all’ultima nota di Murmur, ci invitavano a non fidarci delle apparenze, a cercare di scovare oltre la semplice facciata esteriore il vero significato delle cose.Una verità che non va ricercata con i sensi ma con l’anima, quasi andando a riprendere molti dei soggetti presenti nelle filosofie orientali. A suggello di tale interpretazione, facciamo notare che tutta la grafica di Murmur si basa sulla tematica del “niente è come sembra”, con quelle piante giapponesi di kudzu riprese così in primo piano da far sembrare la scena come una spece di foresta pluviale, se non un misteriosissimo cimitero boschivo degli indiani d’america, del tipo in cui abbiamo visto muoversi i personaggi dell’ormai celebre Blair Witch Project.Anche le foto all’interno non sono meno inquietanti e danno a tutto il lavoro un non so ché di arcano ed evocativo.L’album vende circa 180.000 copie, ma al di là di questo dato è un disco che lascia il segno; il gruppo viene subito etichettato come precursore del nuovo rock americano, un rock “alternativo” impossibile da confinare in una ben precisa categoria; qualcuno al tempo azzardò anche definizioni tipo “psichedelico”.Inutile dire che gli R.E.M. furono la band rivelazione dell’anno tanto da giungere secondi nella classifica di miglior gruppo, una classifica che vedeva al primo posto i già consolidati U2.
Casa discografica: I.R.S.
Anno: 1983
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