Nel Marzo del 1991 i R.E.M. tornano sul mercato con un lavoro assolutamente “fuori dal tempo”, sarà stato il lungo periodo preso dalla lavorazione, sarà stata la voglia di creare qualcosa di veramente unico ma alla fine il risultato è un album magistrale, un altro disco a dir poco perfetto che può tranquillamente essere messo tra i migliori album della storia della musica moderna. Dopo questa introduzione è impossibile non tracciare un parallelo con Fables Of The Reconstruction: entrambe i lavori alla loro uscita ebbero un impatto dirompente, soprattutto se paragonati con la scena musicale ed il tipo di sound in voga al tempo. In entrambe i casi si fa uso di strumenti inusuali per un gruppo rock come archi, violini e fiati: in Fables fu una specie di esperimento mentre in Out Of Time la loro presenza è molto più incisiva ed evoluta. Entrambe le opere, inoltre, possono vantare un solido equilibrio stilistico, un’armonia che pervade tutte le canzoni e che le rende intimamente legate tra loro. Dal punto di vista dei contenuti non possiamo fare a meno di notare che dietro a canzoni dal sound allegro, immediato ed accattivante si celano dei testi molto duri, malinconici, che danno molti spunti per riflessioni approfondite. Siamo di fronte ad un disco che prima ti cattura con la sua freschezza ed originalità ma che poi ti fornisce anche molte idee sulle quali pensare intensamente.L’invito a porsi molti dubbi ed interrogativi, ad avere una posizione critica rispetto a tutto quello che ci circonda, è una costante della poetica dei R.E.M. e, d’altronde, anche lo stesso Michael Stipe afferma che: “La musica non cambia il mondo, semmai cambia le persone che a loro volta possono cambiare quello che non va”. E’ innegabile che Out Of Time sia un album che contribuisce molto a questo scopo e che sicuramente continuerà a farlo in futuro. Come spesso accade per dei gruppi consolidati, dopo aver esplorato le tematiche degli elementi naturali (con Reckoning e Document) arriva il momento in cui si sente l’esigenza di dare alla luce un album da “camera da letto”. Questo lavoro, con le sue melodie a presa rapida e dai toni molto romantici, è arricchito da una collezione di testi tutti incentrati sulle tematiche dell’amore. Sappiamo già quanto Stipe non ami cimentarsi in canzoni d’amore perchè si rischia di finire nella banalità ed infatti i testi di questo album sono un rarissimo esempio di come si possano scrivere canzoni d’amore davvero profonde ed originali.È’ quasi superfluo ricordare che questo è l’album di Losing My Religion, una canzone che ha fatto epoca e che entra di diritto nell’olimpo dei classici della storia della musica. Non c’era quindi da stupirsi se all’uscita di Out Of Time i R.E.M. erano convinti di aver realizzato il miglior album di tutti i tempi. Ecco il parere di Peter Buck qualche tempo prima che l’album fosse dato alle stampe: “Penso che questo sia il miglior insieme di canzoni che abbiamo mai scritto. Sono davvero eccitato”. Concludiamo con altre due interessanti osservazioni. La prima vuole mettere in evidenza come, da questo momento e fino a Monster, i R.E.M. sospendano la loro quasi decennale ed infaticabile attività live per trasforsi in un gruppo da studio di registrazione. Sia Out Of Time che il successivo Automatic For The People sono lavori studiati minuziosamente, suonati con sezioni d’archi e sovraincisioni stratificate. La cosa non deve stupire, è un’evoluzione naturale per tutti i gruppi con parecchi anni di carriera alle spalle. Arriva il momento in cui, anche per l’accumulo di una certa stanchezza, l’unico desiderio è quello di comporre ottima musica, lontani dai media e dalla dispersività della vita itinerante. Parola di Peter Buck: “Per me l’età porta, se non saggezza, almeno un briciolo di ragionevolezza. Sono in una fase in cui mi piace suonare canzoni lente e struggenti, canzoni che detestavo quando avevo 21 anni. Ora invece apprezzo l’idea di attaccare il cavo all’amplificatore e vedere cosa esce fuori in completa tranquillità. Non provo più alcun interesse verso la dimensione da gruppo rock & roll. Voglio dire, siamo ancora un gruppo rock & roll ma adesso siamo del tipo che suona stando seduti su una sedia”.Il secondo aspetto da considerare riguarda la figura di frontman di Michael Stipe. In questo album si nota un suo desiderio di volersi staccare i riflettori di dosso ed infatti quasi tutte le canzoni di Out Of Time lo vedono duettare con altre voci quali il solito Mike Mills (in Texarkana e Near Wild Heaven), l’insolito rapper della East Coast KRS-1 (in Radio Song) e la dolcissima Kate Pierson dei B-52’s (in Shiny Happy People e Me In Honey). In fin dei conti Losing My Religion è l’unico pezzo nel quale Michael assume le usuali spoglie di icona che lo contraddistinguono.
Casa discografica: Warner Bros.
Anno: 1991
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