Reckoning esce nell’Aprile del 1984 ed è ancora prodotto da Mitch Easter e Don Dixon. L’album bissa il grande successo di Murmur, questa volta anche dal punto di vista delle vendite, con una lusinghiera tiratura di 250.000 copie: niente male per un gruppo praticamente emergente. Se cercate la parola “reckoning” su un dizionario di inglese troverete: RECKONING 1. calcolo, conto, computo, conteggio 2. fig. conto da pagare, resa dei conti, Giudizio Universale 3. valutazione della propria posizione. Ora ascoltate il CD e, soprattutto, provate a prestare molta attenzione ai testi delle canzoni: scoprirete che in questo secondo lavoro dei R.E.M. c’è un po’ di tutto questo. Innanzitutto è presente la definizione 3. perchè Reckoning, data la precoce e straordinaria maturità artistica della band, rappresenta già un lavoro di transizione proiettato verso nuovi orizzonti musicali. In questo senso i conti della definizione 1. si fanno con il passato dal quale, seppur leggermente, ci si allontana. Reckoning mantiene da un lato (quello “A” di quando ancora esistevano gli LP) uno stile simile a Murmur ma, in special modo dall’altro (quello “B”), si configura come un album più silenzioso ed intimista. Dai testi trasuda molta malinconia e le storie che vengono raccontate sono per lo più tristi: è in questo che si avverte la principale svolta stilistica. La cosa maggiormente spiazzante è che a questa sensazione quasi onirica, di abbandono e di riflessione, si contrappone la durezza e la tragicità dei testi, questi ultimi ricchi della tematica di cui alla definizione 2 del dizionario. Ci sono conti da pagare con la vita e le sue contraddizioni come in Harborcoat, 7 Chinese Brothers, Camera, (Don’t Go Back To) Rockville fino ad arrivare a So. Central Rain: canzone immensa, pervasa da un’atmosfera che, a ragion veduta, pone l’ascoltatore davanti ad una sorta di Giudizio Universale. Questi sprazzi di tensione mistica sono avvalorati dalla copertina dell’album: un’opera d’arte realizzata a quattro mani da Michael Stipe ed Howard Finster: un prete, suo amico e confidente, con l’hobby della pittura. La sua firma è visibile in basso a sinistra. La scena raffigura una sorta di serpente acquatico che si snoda tra persone e città, quasi fosse egli stesso il fiume in cui alberga. A tal proposito è importante notare che le copie americane hanno un sottotilo: “file under water” che significa “catalogare sotto la voce acqua”. Il gruppo al tempo giustificò la presenza di questa indicazione come una risposta ironica a tutti quelli che cominciavano ad additare il loro sound come indefinibile e fuori dai canoni. Michael in quei tempi dichiarò: “Se mi capiterà ancora di leggere la parola “indecifrabile” potrei anche vomitare”.L’acqua è quindi l’elemento fonte di ispirazione per le canzoni di Reckoning: basti pensare a So. Central Rain (ispirata da alcune alluvioni che colpirono Athens in quell’anno) oppure ad Harborcoat (canzone i cui testi non hanno nulla a che vedere con l’acqua ma che, nel ritornello, citano questo “impermeabile” da cui il pezzo prende il titolo). In realtà in tutte le canzoni dell’album si avverte un sound uggioso, un’atmosfera “umida”. Probabilmente questa sensazione è dovuta al fatto che complessivamente l’album risulta malinconico e cupo come una di quelle giornate piovose: grigie ed umide, perlappunto. Del resto l’opera risente in maniera per nulla trascurabile della tragica morte (nella primavera del 1983) della fotografa Carol Levy, amica del gruppo ed in particolare di Michael. E’ facile persuadersi che i toni cupi di questo lavoro siano riconducibili anche a questa vicenda. Chi avrà la pazienza di soffermarsi accuratamente sui testi di questo album si accorgerà che c’è quasi sempre una ragazza ed un amore che non può più essere corrisposto per i più disparati motivi.
Casa discografica: I.R.S.
Anno: 1984
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