Alla luce della recente ristampa di Roger Taylor’s Fun In Space (è questo il titolo originale dell’opera) ci è sembrato utile sottoporvi questa recensione, frutto di un periodo di meditazione ed ascolto piuttosto inusuali, che ci hanno dato modo di formulare un giudizio maggiormente oggettivo ed indipendente da mode o gusti transitori. Il disco in questione uscì agli inizi degli anni ’80, periodo caratterizzato da profonde incertezze in campo musicale, come anche da una radicata necessità di rinnovamento avvertita da numerosi e ormai storici gruppi rock che, in larga parte, finirono col commettere qualche passo falso. Non è comunque questo il caso del primo lavoro solista del batterista dei Queen che, assieme a David Richards, produttore e ingegnere del suono di Bowie, Queen e Rolling Stones, diede vita ad un ottimo disco di rock ‘n’ roll che si piazzò nella top 20 britannica. Sarebbe inesatto affermare che l’album non risentì affatto dal contesto precedentemente descritto: in alcune circostanze il sound risulta decisamente futuristico, nel libretto accluso al cd il musicista sottolinea l’utilizzo di ben 157 sintetizzatori diversi, che tuttavia sembrano integrarsi alla perfezione nel complesso degli arrangiamenti. Siamo di fronte ad un prodotto confezionato con cura e sicuramente con molta passione e voglia di esprimersi: Roger Taylor dimostra la sua più che discreta abilità di polistrumentista suonando chitarra, basso e keyboards, concedendo naturalmente ampio spazio e spessore al suo strumento preferito; nessun altro musicista oltre a Richards è ammesso in studio ed il disco non sembra proprio risentirne.Fun In Space si apre con No Violins, rock song dal ritmo coinvolgente cui tutti gli strumenti contribuiscono in maniera ottimale. Di Laugh Or Cry si può ammirare la dolce atmosfera, sottolineata dai moti crescenti e decrescenti del pianoforte e delle tastiere, dai passaggi chitarristici mai sopra le righe. Future Management è un ottimo esempio di pop/rock sperimentale, le linee vocali suonano più che originali per il periodo, il tutto nell’ambito di un contesto musicale “a little bit strange” caro ad alcuni artisti che da lì a poco sarebbero andati per la maggiore. Il rock ‘n’ roll di Let’s Get Crazy è trascinante, la voce di Mr. Taylor è camaleontica e grintosa, in grado di passare con estrema facilità dalle sonorità Sixties ai Seventies più scatenati. My Country I & II si apre piacevolmente con il suono della chitarra acustica per poi mutare perentoriamente tramite l’intervento della batteria e dell’elettricità: i sintetizzatori non fanno che arricchire questo già di per sé interessante passo dell’opera.Con Good Times Are Now torna il rock allo stato puro, il ritornello è magnifico, le melodie non intralciano assolutamente il fluire energico della canzone, le drums sanciscono un ritmo cui è difficile rimanere indifferenti, si finisce per recepire ed incamerare tutta la gioia di vivere che Roger Taylor voleva trasmetterci. Magic Is Loose torna a conferire al disco un sound malinconico e forse un pochino disincantato: sarà da quasi dieci anni che ascolto questa canzone, ma continua a mettermi i brividi!!! L’introduzione di Interlude In Constantinople mi ricorda un pochino gli Yes: risulta essere un momento simpatico e disimpegnato di Fun In Space. Ecco che con Airheads si ritorna ad un potente hard rock, credo che difficilmente oggi il musicista possa provare in tal modo la sua voce; i passaggi di chitarra per taluni aspetti sembrano essere stati prestati dal Brian May di “Jazz”, disco targato Queen risalente al ’78. L’ultima track, da cui l’intero album prende il nome, ci porta davvero nell’insondabilità dello spazio: potrebbe benissimo fare da colonna sonora alle immagini di un film di fantascienza. In una piccola nota l’autore saluta tutti gli ascoltatori, spera che che il suo lavoro – un lavoro particolarmente sentito – ci piaccia e ci diverta: conclude affermando che a lui piace molto e… “Se non vi piace, potete anche sotterrarvi!”. Che dire? Credo che dopo aver ascoltato questo disco davvero poche persone abbiano seguito tale invito…
Casa discografica: EMI
Anno: 1981
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