In questo periodo dell’anno, con l’inverno alle porte, tutto quello che cerco è un disco con cui scaldarmi. No, non dico che voglio un album da usare come combustibile. E no, non voglio nemmeno un album da ascoltare davanti al caminetto, un album accogliente, di quelli che ti fanno compagnia nelle sere di gennaio. No, io voglio un disco che mi faccia muovere, che mi faccia venir voglia di ballare, che rimetta in moto le mie cellule semi-ibernate.E lo devo ammettere, On Parade di Slick Steve and The Gangsters mi ha fatto tornare il piede ballerino. La seconda fatica del gruppo nato a Brescia da papà americano (Hogan Stephen, voce e autore di tutti i testi, è infatti madrelingua inglese) è un mix tra swing, rock’n’roll e rhythm & blues, con quel pizzico di gipsy modello Gogol Bordello che piace tanto alla sottoscritta. È un album genuino, vintage nel suo essere moderno, moderno nel suo voler essere vintage, sporco al punto giusto.On Parade può sembrare un po’ caotico al primo ascolto, un pentolone ribollente di slide guitar in perfetto stile blues e voci roche alla Tom Waits, ritmi sincopati che ricordano le follie di Bob Log III e chitarre che viaggiano su un certo filone spaghetti western. Tutti questi elementi corrono e si combinano insieme, si scambiano e si alternano nella creazione di una decina di pezzi prorompenti che durante il live dovrebbero proprio, passatemi il termine, “spaccare di brutto”. I testi rivelano la passione del leader per le stranezze, per il circo e per le storie eclettiche che racconta con un certo orgoglio, perché d’altronde questo è il suo stile.Ed è proprio la prima traccia dell’album che accende le luci e ci introduce in questa atmosfera surreale ricercata da tutti i componenti del gruppo: il presente che si mescola al passato e quasi lo stravolge, ma senza snaturarlo. “My style” ci mostra una strada, che più che una strada è un vicolo stretto e semibuio, che conduce direttamente in “The Other Side Of Town“, nell’altro lato della città, popolato da esseri fantastici che ballano al ritmo di uno swing travolgente.”Hollywood Fever” ricorda in una maniera impressionante quel fenomeno di Seasick Steve, ed è un pezzo che fa venire voglia di scuotere la testa e battere il piede destro a terra. “Steam Whistle” ha invece un ritmo messicaneggiante, quasi country, quasi Johnny Cash. Si passa poi al blues di “Spring Heeled Jack“, ma la vera chicca è l’ultima traccia “Lucky Mouse“, di cui Django Reinhardt sembra essere il diretto ispiratore: un gioiellino in vero stile gipsy jazz, veloce ed allegra, che sembra capitata quasi per caso in questo disco pieno di follia e sano rock’n’roll.La materia trattata da Slick Steve and The Gangsters in questo disco è notoriamente una materia da maneggiare con cura leggendo attentamente il libretto delle istruzioni, a meno che non si voglia rischiare di cadere nei soliti stereotipi, cercando di eguagliare pezzi che hanno anni e anni di cultura e tradizione alle spalle. Quando avrete finito di ascoltare On Parade, vi accorgerete che questo gruppo di persone decisamente sopra le righe non solo ha letto il libretto delle istruzioni, ha addirittura brevettato una nuova idea.Arianna Di MauloTracklist:
1. My Style (Opening Night)
2. The Other Side Of Town
3. Hollywood Fever
4. Steam Whistle
5. The Heist
6. Spring Heeled Jack
7. Corkscrew (Hogan Stephen)
8. The Keeper Of The Zoo
9. Voodoo Clown
10. Lucky Mouse
Slick Steve & The Gangsters – On Parade
In questo periodo dell'anno, con l'inverno alle porte, tutto quello che cerco è un disco con cui scaldarmi. No, non dico che voglio un album da usare come combustibile. E no, non voglio nemmeno un album da ascoltare davanti al caminetto, un album accogliente, di quelli che ti fanno compagnia nelle sere di gennaio. No,
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