Finalmente, dopo aver commesso qualche passo falso, Sting torna ai livelli che più si addicono ad una star di spessore mondiale quale egli è. Prima di procedere all’ascolto di Brand New Day avevo ormai messo una pietra sopra al mio interesse per l’ex Police che, cominciando la sua carriera solista in modo eccellente, aveva successivamente dimostrato qualche limite nella composizione di un intero album. Il musicista sfornava sì singoli più che dignitosi ma, in più occasioni, all’acquisto del disco si finiva per valutare il prodotto discografico come appena sufficiente, a causa di momenti non particolarmente esaltanti che andavano a ripercuotersi sul giudizio finale dell’opera. Qualcuno potrebbe affermare che un capolavoro possa, da solo, risollevare le sorti di un disco mediocre; io non sono di questa opinione, visto che all’acquisto di un cd vengono pagate tutte le canzoni in esso contenute: se fossi stato interessato ad una sola canzone avrei comprato un singolo, alimentando però il già eccessivo consumismo che ha ormai rovinato il panorama musicale di questi anni, come anche alcuni buoni musicisti. Per aver seguito i deliri di un povero pazzo meritate ora un’analisi meno generica del disco. Quello che più mi ha appassionato di Brand New Day è la facilità con la quale riesce a creare un’atmosfera piuttosto piacevole e varia, pur non cadendo in contraddizioni che l’avrebbero reso meno interessante. Più di qualche fan, nell’impazienza, era finito col premere per l’uscita di un disco ancora in piena fase di gestazione e già si stava sviluppando un caso intorno alla scarsa ispirazione dell’artista. Proprio l’accuratezza e la lentezza con cui è stato deciso invece di portare avanti il progetto hanno giovato al buon esito del prodotto finale. Il disco si apre con Thousand Years, song arricchita da un sapiente utilizzo delle percussioni, mai sopra le righe eppur così presente; il pacato ma trascinante ritornello verrà introdotto da un timido e dolce crescendo. La track successiva, Desert Rose, racchiude in sè delle influenze arabe ben mescolate ad un rock melodico: non fatevi ingannare dal singolo remixato, davvero un bel pezzo. Big Lie Small World ricorda per taluni aspetti la song English In New York e, pur non essendo dotata di una melodia così trascinante, riesce ad essere forse più profonda; mi ricorda inoltre le atmosfere alla Spinnin’ The Wheel di George Michael. After The Rain Has Fallen avrebbe potuto benissimo appartenere ad un lavoro dei Police, mentre Perfect Love mi è apparsa un po’ troppo confusa. Tomorrow We’ll See ci riporta al discorso interroto con la track n.3, risultando forse ancora più coinvolgente grazie alle melodie del clarinetto. Fill Her Up è una song condotta con molta più spensieratezza e disinvoltura, non perdendo però il gusto del dettaglio che aveva permeato tutto il lavoro; la lenta e fiabesca Ghost Story è una delle mie song preferite: Sting ci mette davvero l’anima, e si sente!!! Brand New Day è travolgente, soltanto non l’avrei messa alla fine… Ultima nota: nel cd è presente una piccola intervista a Sting, chicca volta a rendere ancora più pregiata l’opera.
Casa discografica: A&M Records
Anno: 1999
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