Un nome dal sapore nipponico, non si tratta di un prelibatezza Sushi bensì di una band tutta italiana con residenza a Londra… Il Jazz-Noise a tamburo battente.
Ispirati dal Post-Punk, Post-Rock e dal Kraut Rock, alimentano un sinergetico amplesso fra suoni cosiddetti reali e campionature carpite dall’attualità di un mondo in stato involuzione culturale avanzato. Un Jazz-Noise a dire il vero, con improvvisazioni a battute dispari con la farcitura di suoni ‘easy listening’ come li definiscono loro stessi.
Parleremo della loro musica dopo aver elencato i membri del trio, che sono Ennio Salvemini, padre fondatore del progetto di stampo cefalopodico, noto chitarrista, nonché tromba, synth, percussioni e loops, nell’Ep; Alfonso De Grandis, sound designer, synths e missaggio e Michele ‘Michelino’ De Musso alla batteria.
Il nome nipponico deriva da una goliardata fatta da un amico di Salvemini durante l’adolescenza, quando si scherzava nel citare falsi sperimentatori giapponesi per confondere altri amici… “Se mai avrò una band sperimentale la chiamerò Takeshi Kalamaro” ebbe a dire Salvemini… e così fu dopo tanti anni…
Ho avuto l’onore di passare dei bei momenti nel loro laboratorio personale qualche mese fa, ascoltando delle tracce inedite che vedranno la luce a breve risentendo anche in pompa magna il loro omonimo EP già edito dal 2018 in vinile e in download, qui un link per poter ascoltare la loro energia…
Nel ’17 Salvemini, che firma tutti i pezzi, impronta il progetto registrando e autoproducendo lo Squid EP – Takeshi Kalamaro. Tali demo tapes, con alla batteria Marino Ficele, vengono fatte ascoltare a De Grandis che con l’autore deciderà di ri-arrangiare e registrare il tutto, essendo il progetto da entrambi ritenuto interessante. La quadratura del cerchio si otterrà fra il Fish Factory e il Twenty Dalston, entrambi studi underground londinesi.
La coppia Salvemini/De Grandis, quest’ultimo già fonico per BBC, Disney e Discovery Channel e ingegnere del suono per altri progetti come Imago, la premiata serie di danza contemporanea greca, rende i pezzi taglienti ed incisivi che con la batteria di De Musso ottengono la tridimensionalità del suono. È davvero forte l’impatto delle track, dalle quali traspira un sonoro davvero stratificato… multidimensionale.
Nelle tre tracce ossia l’omonima “Takeshi Kalamaro“, “Laura O’pessimism” e “Put the Loop La“, che coprono in totale circa 21 minuti, si possono sentire le sferzate di ‘marchingegni’ storici come il Moog Sub37, uno dei mitici Synth, oppure più recenti come l’Arturia Minibrute, analogico, e il vocoder Microkorg.
Il suono è molto seventies, ma sfacciatamente modern… un delirio fra le trame poliziesche e un metropolitesimo d’avant-guard. Questo grazie all’utilizzo principalmente di strumentazione vintage con quel pizzico di moderno, come nelle migliori ricette ‘unite il vintage grattugiato, il moderno e mantecate per un minuto, antiorario, lentamente e servitÈ.
Le chitarre, una Epiphone SG Elite rigorosamente Made in Japan, per rimanere in tema Sol Levante, sono state amplificate con amplificatori valvolari Dominator della WEM (Watkins Eletric Music, UK, prima produzione 1972).
Mancando il basso, per le linee e frequenze gravi si è ricorso allo stratagemma artisticamente voluto, di passare il suono della chitarra attraverso un Fender Bassman. I WEM sono ben visibili nel surreale e celeberrimo video concerto privato Live at Pompeii dei Pink Floyd.
La batteria anch’essa iper-vintage è una Gretsch Broadcaster del 1962 con rullante Ludwig Supersensitive d’epoca.
L’artwork con i disegni di Livio Squeo (Artista molfettese, Romano d’adozione) rende l’Ep come fosse un fossile riemerso in un deserto estemporaneo… il tutto sotto la direzione artistica di Flora-Adele Gau.
Le tracce esprimono il caos con una struttura che incita e inocula movimento nell’ascoltatore e quindi la prima traccia, “Takeshi Kalamaro“, risulta praticamente essere la colonna sonora dell’immaginare questa strana creatura emergere dagli abissi… un incalzante ritmico motivo…
“Laura O’pessimism” è l’ansia della routine del mondo pendolare, di quelle masse che si accalcano per andare a fare ciò che ‘devono’ fare, pena la mancanza della possibilità di una dignitosa sopravvivenza… il nevrotico accerchiamento della propria soddisfazione da parte di quei pensieri piranha che sono conosciuti come lo stress…
“Put the Loop La“, con la sua partenza lenta ti porta al plateau mentale e poi con il suo ridondante riff ti coccola lentamente, fino all’autodistruzione, passando per un sincopato e funkeggiante fraseggio tromba-batteria, una sorta di coma che viene laconicamente descritto da Salvemini “Potresti vedere una luce alla fine del tunnel … ma è solo rumore bianco“.
È solo psichedelia, ‘but I like it‘.
The Takeshi Kalamaro Official Website
The Takeshi Kalamaro Facebook Page
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