E’ un periodo di cambiamento nella vita di Tom Waits, un cambiamento in positivo. E’ ormai matura l’ora per regalare ai posteri un’opera magica, sognante, perfetta. Ma un talento come il suo, poco avvezzo al successo di massa, cerca di “colpire il bersaglio” per vie traverse; spiazza tutti, compresa la sua storica casa discografica, la Asylum, che addirittura rifiuta di pubblicare l’album. Nel frattempo “il nostro” ci regala ulteriori conferme con la sua carriera cinematografica; nel periodo delle registrazioni di Swordfishtrombones lavora con Francis Ford Coppola, nei film Rusty Il Selvaggio e I Ragazzi Della 56 Strada. Seguendo la scia di altri grandi esempi, come Howling Wolves di Ennio Morricone e soprattutto grazie alla fiducia che la nuova etichetta, la Island, gli accorda, viene alla luce un disco di demolizione dell’ovvio, una violentissima destrutturazione, tutti gli strumenti sono lasciati liberi di travisare tutte le norme e di abbattere i muri del “già scritto”. L’album si muove al di fuori di ogni schema precostituito, di ogni convenzione tematica e Waits copre il ruolo di “burattinaio pazzo” in un “teatrino” sospeso tra Kurt Weill e Cpt. Beefheart. La musica assurge ad un ruolo catartico, Waits, come il Caronte dantesco, “traghetta le pecorelle smarrite e le anime prive di buonsenso” verso una straordinaria e desiderata follia. Un disco sconvolgente che pare non poter avere degno seguito, ma anche questa volta, fortunatamente, saremo piacevolmente smentiti.
Casa discografica: Island
Anno: 1983
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