È con estremo timore e reverenza che mi appresto a scrivere attorno a quest’opera unica, guidato da un duplice sentimento: da una parte sento tutta la mia fascinazione di fronte al tema che le conferenze riportate nel testo portano con loro; dall’altra ho paura di sminuirne il valore e l’apporto che esse hanno dato alla musica moderna. Con questa dicotomia, mi appresto comunque a tracciare, in qualche modo, quello che per me rappresenta il testo e ciò che ha rappresentato nella mia vita il suo incontro.
Una questione di paradigma
È difficile definire ciò che sia un’epoca, soprattutto oggi, in un momento storico in cui il tempo sembra aver avuto un’accelerazione e, tutto ciò che eravamo abituati a definire con epoca, un periodo di tempo che comprendeva molti anni, oggi si riduce a pochissimo tempo, nel quale vediamo cambiare usi e costumi tanto rapidamente da non esserne mai abbastanza pronti.
È evidente che ogni epoca porta con se un passaggio, un cambio di rotta rispetto al periodo che la precedeva. Ogni periodo, più o meno lungo ha un inizio, più o meno invischiato con il precedente, una fase centrale in cui vede la sua massima espressione ed una fase di declino nella quale si gettano le basi per l’epoca successiva.
Tutto ciò è evidente soprattutto quando ci troviamo a rivedere il passato, quando analizziamo a ritroso il tempo trascorso. Dall’inizio del secolo scorso, musicalmente, ci siamo trovati a fare i conti con decadi. Abbiamo iniziato a trattare le epoche musicali attraverso la divisione temporale delle decadi che hanno caratterizzato i momenti più salienti ed importanti della musica contemporanea. Per molti aspetti ciò ha una valenza effettiva, per altri invece, credo sia solo una comodità classificatoria.
Thomas Kuhn, afferma che un paradigma non è semplicemente una teoria scientifica corrente, ma piuttosto una visione del mondo che comprende al suo interno diverse teorie, ma che tutte hanno come cornice di riferimento, o meglio, sono inserite, in un paradigma. Allo stesso tempo Kuhn prova a teorizzare cosa accade quando da un paradigma, cioè, da un modo di vedere il mondo, si è passati ad un altro modo di vedere il mondo.
Nel testo “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”, Kuhn prova a descrivere ciò che accade quando, un’anomalia si presenta come tale, all’interno di un paradigma scientifico e, lentamente, trova la sua strada all’interno di esso. Quanto più si tenta di nascondere l’anomalia, tanto più essa emerge e si manifesta, fino a far crollare tutto il sistema scientifico ed a decretare un passaggio da un paradigma ad un altro. Il parallelismo con il testo di Webern ha, per me, qualcosa di straordinariamente meraviglioso.
L’anomalia
Faccio un piccolo salto nel tempo, molto breve. Il testo di cui vi sto proponendo la lettura raccoglie una serie di conferenze che Webern tenne tra il 1932 e il 1933. Qualche anno prima. Tra il 1909 e il 1911 Arnold Schoenberg lavorerà e poi pubblicherà il suo Manuale di Armonia, nel quale proverà a descrivere un nuovo sistema musicale, anche se, come l’autore stesso dichiara nel suo testo, non possiede ancora un nuovo sistema.
Il tentativo di Shoenberg, e poi, le conferenze di Webern partono da un punto incontrovertibile ed affascinante: l’apparire di una anomalia, all’interno del sistema tonale, che, per molto tempo si cercò di arginare e reinserire all’interno delle regole della composizione vigenti.
Allo stesso modo Kuhn parla di anomalie e di regole della scienza che compaiono e che vengono arginate, ma, più si cerca di nasconderle, più queste anomalie si palesano e si fanno strada.
Il dispetto delle regole
Il testo di Webern si apre con una premessa, un breve parallelismo tra note e parole, tra linguaggio parlato e linguaggio musicale. Esprime la necessità di accostarsi alle regole, ogni volta che si entra in contatto con l’arte, poiché l’arte necessità di regole per essere compresa. Questa espressione meriterebbe un’attenta analisi, ma non è questo il luogo. Lascio tuttavia questa affermazione sospesa, in bella vista, in modo che ogni lettore possa trovare un momento per riflettere su di essa.
Rispettare le regole significa innanzi tutto conoscerle ed averle interiorizzate a tal punto da poterle esprimere in modo chiaro a se stessi ed agli altri. Solo quando si arriva ad una tale consapevolezza ci si può tuffare nel “dispetto delle regole”, nell’urgenza creativa che le modifica, le modella, per creare. Anche questa affermazione, forse più mia che dell’autore, la lascio sospesa, come un grappolo d’uva su una vite, in attesa di avventori che vogliano prenderne un po’ e provare a pensare attivamente su di essa.
Ritorno quindi a Webern, che sembra dirci, ad un certo punto, che le regole entro le quali la musica moderna si stava muovendo, ereditate dalla musica tonale, si erano modificate. Ma come può una regola modificarsi autonomamente?
Il Suono
L’indagine di partenza di Webern è il suono, nella sua natura. Definire la natura di qualcosa, significa indagarne la sua struttura intima, il suo essere più profondo ed ampliarne le conoscenze, per renderlo più comprensibile possibile. Il percorso che ci troviamo di fronte, in questo breve testo, riguarda proprio quanto enunciato fino ad ora.
Il tentativo di Webern è quello di accogliere la struttura del suono, per come si presenta, nelle sue “regole”, provare a descriverla, nel suo presentarsi al mondo, anche alla luce di quella che verrà definita come “anomalia” all’interno del sistema tonale e che, invece, da Schoenberg e da Webern verrà accolta come facente parte delle regole e della natura del suono. Ecco perché il titolo delle conferenze prende il nome de “Il cammino verso la nuova musica”.
Il termine cammino lascia un senso di movimento, di progressione che, benché sia passato più di un secolo dalla pubblicazione del Manuale di Armonia, lascia intendere che tutto, ancora, può essere cambiato, che lo studio delle regole non serve solo a conoscerle, ma anche a poterle riscrivere quando, all’interno di un nuovo sistema, o paradigma, si presenti un’anomalia, la quale non fa altro che allargare l’orizzonte di senso del sistema entro il quale ci muoviamo.
Uno sguardo all’orizzonte
Il passaggio dal sistema tonale al sistema dodecafonico ha, per me, un fascino profondo. Ancora una volta vedo, tra le pieghe della narrazione di Webern, uno sguardo verso il perturbante, verso ciò che ci scuote nel profondo, toccando ii vertici delle nostre certezze e facendoli crollare come un castello di carta.
Ancora una volta scorgo, nella lettura di certi autori, la capacità di cogliere un insegnamento profondo dai resti di un tale scombussolamento. Soprattutto vedo un atteggiamento mai distruttivo, ma sempre volto all’accettazione ed alla costruzione di qualcosa di nuovo e diverso. Il cammino verso la nuova musica, al di là delle utili conoscenze in ambito musicale, mi ha offerto la possibilità di ritrovare, nelle parole dell’autore, quello sguardo di accoglienza verso il nuovo, verso il diverso. Non la chiusura ma l’apertura, non il diniego ma il rispetto. Non la paura ma il coraggio. Non la fretta ma la pazienza di attendere lo sviluppo e l’esito del cammino che si è intrapreso.
Con lo sguardo sereno all’orizzonte, buona lettura.
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