Da una parte il Long Goodbye Tour, che li vedrà protagonisti anche a giugno in Italia e dovrebbe essere l’ultima occasione per vederli dal vivo prima del ritiro dalle scene. Dall’altra il nuovo album Infinite, uscito ormai un mese fa, che dovrebbe fornire un messaggio totalmente diverso proprio per il titolo.
Sta di fatto che i Deep Purple hanno pubblicato un nuovo lavoro di inediti, a quattro anni di distanza da Now What?! (earMUSIC, 2013), dimostrando di poter suonare ancora con una maturità non necessariamente legata alla nostalgia e ai ricordi.
Photo by Silvio Tanaka – CC BY 2.0
Spesso “schiavi” della loro stessa storia, e quindi di Ritchie Blackmore e del compianto Jon Lord, i Deep Purple hanno proseguito trovando un loro nuovo equilibrio con due musicisti che non si sono limitati a recitare semplicemente il ruolo dei sostituti.
È così da qualche anno già nei live, e anche in “Infinite” allora spiccano per i loro assolo Steve Morse alla chitarra elettrica e Don Airey alle tastiere, guidati dall’esperienza di Ian Paice alla batteria e di Roger Glover al basso e da una voce di Ian Gillan spesso “più in disparte” tra effetti e cori, fungendo più da ulteriore strumento.
Sotto l’egida di Bob Ezrin (già con la band dal precedente lavoro e in passato già alle prese tra gli altri con Lou Reed, Peter Gabriel, Alice Cooper, Kiss e Pink Floyd) i Deep Purple propongono dieci brani in cui più elementi contribuiscono a consolidare al meglio questo nuovo corso che dura ormai da alcuni anni.
Da apprezzare già il primo singolo “Time For Bedlam” che costituisce anche una potente apertura di album, così come la successiva “Hip Boots”.
“All I Got Is You” è invece il secondo estratto da Infinite ed è caratterizzata da un animo più tendente al prog, mentre c’è il blues soprattutto nelle strofe di “One Night In Vegas” e in generale predomina l’hard rock inconfondibile dei Deep Purple nell’ottima “Get Me Outta Here”, ma anche in “On The Top Of The World”.
Più costruita (ma non artefatta) appare poi “The Surprising”, mentre risulta divertente l’omaggio finale ai Doors con “Roadhouse Blues” in una versione perfettamente nelle corde del gruppo.
Volendo, rimarrebbe comunque qualcosa in sospeso. E volendo, se questo fosse l’epilogo “suggerito” dal Long Goodbye Tour, Infinite sarebbe comunque un giusto e rispettabile finale per il gruppo e per i suoi vecchi e nuovi seguaci.
Leonardo Follieri
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