Outsidethebox è il disco d’esordio come leader per il jazzista russo Sasha Mashin, pubblicato per l’etichetta discografica Rainy Days, di cui è co-fondatore e proprietario.
Classe 1976, originario di San Pietroburgo, dopo essersi fatto le ossa con alcune formazioni della sua città natale, Sasha Mashin nel 1998 si è trasferito a Mosca, iniziando a collaborare con alcuni dei migliori esponenti della scena jazzistica russa. Il suo innegabile talento gli ha valso l’inserimento nel programma didattico statunitense Open World e la conseguente possibilità di suonare a New York con autentiche leggende del jazz quali Clark Terry, Kenny Barron e Jimmy Heath.
A partire dal 2008, il batterista ha rappresentato un punto di riferimento per quasi tutti i jazzisti USA di passaggio in terra russa, invitati a esibirsi accompagnati dalla sua band (tra gli altri Benny Golson, Johnny Griffin, Lew Tabackin, Eddy Henderson, James Spaulding, Gary Smulyan, Larry Schneider, Mark Turner…).
Il filo diretto con la miglior tradizione afroamericana, coltivato facendo base nella sua natia Russia e lavorando con musicisti suoi connazionali, ha consentito a Mashin di sviluppare idee originali, a pensare, per l’appunto, Outside The Box, non limitandosi a riproporre stilemi ‘rassicuranti’ e già collaudati, ma cercando fonti di ispirazione sempre nuove.
Il jazz proposto dal batterista di San Pietroburgo è avventuroso e innovativo, aperto alle influenze più disparate, ma non al punto da rinnegare totalmente la matrice afroamericana originaria e da trasformarsi in qualcosa da diversamente classificabile da “jazz” nello scaffale di un vecchio negozio di dischi.
Jazz sperimentale, come il miglior jazz è sempre stato, ossia aperto alle più varie suggestioni, una musica capace di interpretare il presente, senza limitarsi a far rivivere un passato per quanto glorioso.
Ben 16 i musicisti coinvolti nella registrazione, provenienti da Russia, Cuba, USA, Europa: da segnalare la presenza del ‘nostro’ Rosario Giuliani al sax alto, del trombettista Alex Sipiagin, forse il musicista russo internazionalmente più conosciuto, ormai da anni trapiantato a New York, e della brava cantante olandese Hiske Oosterwijk, autrice dei testi di tre brani. Il resto del materiale è stato composto dal già citato Sipiagin e da “Zhenya” Strigalev, altsassofonista russo di base a Londra.
Diversi e sempre ben inseriti nel contesto generale del brano gli spazi solistici per la batteria di Mashin, che guida la navigazione dei suoi partner-accompagnatori con estrema fluidità in un repertorio in cui abbondano i tempi dispari su ritmiche binarie, le modulazioni metriche più ardite, i campi di tempo e di pattern ritmici tutt’altro che scontati.
Esemplificativi a questo titolo i brani “7 = 5”, “Jazzmashin”, la funkeggiante quanto ritmicamente sghemba “Strange Party” e “Ku Ku”, mentre in “Sharp Night” il leader dimostra di aver fatto bene i compiti a casa, offrendo un esemplare esempio di accompagnamento su un fast swing decisamente fast, oltre che un gran bell’assolo.
Un esordio da leader decisamente convincente per Sasha Mashin e per la neonata etichetta discografica di San Pietroburgo Rainy Days, il cui ambizioso scopo è quello di dar voce ai progetti più aperti e liberi del nuovo jazz made in Russia.
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