Ho conosciuto Nicola Di Già on the road, suonando con i Laceblack e abbiamo condiviso per tre-quattro anni, molti palchi in Italia e in Europa; tra noi è nata sin da subito una grande amicizia e una grande intesa dentro e fuori dal palco, condita alla base da una grande stima reciproca.
Per chi non lo conoscesse Nicola è uno dei due chitarristi del Banco del Mutuo Soccorso, storico gruppo prog, ed ha suonato come turnista con tantissimi artisti nazionali (Nada, Battiato etc…), oltre ad essere anche lui un collaboratore di Musicoff.
Oggi sono qui a recensire il suo lavoro da solista, il disco Blessed, che tradotto in italiano significa “benedetto”, ma conoscendo i “miei polli”, so di certo (anche se non ne abbiamo parlato nè di questo nè del disco) che Nicola abbia giocato sul fatto che sua figlia si chiami “Benedetta”.
Due giorni prima del primo Lockdown nazionale vendetti a Nicola una mia Maton acustica, e lui, proprio durante il Lockdown, ha pensato di utilizzarla per farci un disco; esempio vivido di come si possa fare qualcosa di bello anche in un periodo difficile.
Il disco è composto da 9 tracce e si apre proprio con la title track “Blessed” e con il suono della “mia” Maton; sin da subito Nicola ci fa entrare nel suo mondo sonoro, mondo lontanissimo da virtuosismi chitarristici spesso fini a se stessi, ma solidamente basato sulla musicalità e sulla ricerca della “nota giusta”.
Si sentono le influenze musicali di cui l’autore si è nutrito negli anni, Johnny Marr su tutti, Nile Rodgers, e Robert Smith, gli Eagles, Crosby Still & Nash, e aggiungerei (conoscendolo) anche i Duran Duran, per citarne alcuni.
Il secondo brano, “Don Carlos”, come si evince dal titolo, non può che essere un tributo a Carlos Santana, ma sono presenti anche ispirazioni Beatlesiane, sia sonore che melodiche, soprattutto nel tema iniziale che ricorda la famosissima “And I love Her”, ed anche il successivo utilizzo del leslie ci riporta a sonorità molto care a George Harrison; “Dieci Piccoli Indiani” è invece una delle tre cover presenti nell’album, il brano, suonato dai Matia Bazar, è riproposto in versione chitarristica, in maniera molto fedele all’originale.
“C’è chi nasce donna” (seconda cover) è un brano dove ci possiamo far cullare da atmosfere acustiche dilatate, un vero e proprio tributo di Nicola al suo grande amico Maurizio Solieri, autore del brano.
L’album scorre leggero, si fa ascoltare con piacere e soprattutto, mi preme dirlo, è fruibile da tutti e non solo da chitarristi, è un album di musica che nasce per raggiungere un pubblico vasto; “Kymè” è una piccola lezione musicale su come utilizzare tonalità maggiori e minori (naturali e armoniche) nello stesso brano non perdendo mai il filo conduttore.
“Sand at Sunset” ci riporta invece verso sonorità, a me care, che ricordano il compianto John Martyn, mentre il successivo “E mi viene da pensare” (brano del Banco del Mutuo Soccorso e terza cover del disco) ci fa capire quanto Nicola abbia digerito il linguaggio e il suono di un certo chitarrismo Pop italiano, (mi viene da pensare ai maestri Rodolfo Matlese e Dodi Battaglia) e lo riesca a sviscerare con maestria e padronanza.
Chiudono l’album “Tex Mex”, la più “Marriana” del disco e “Spring Time”, il mio brano preferito insieme a Blessed, brano in cui si apprezza tutta la musicalità e la disciplina di Nicola, che preferisce sempre il lirismo al virtuosismo, scegliendo sempre le giuste note nel giusto momento.
Vi lascio con alcune dichiarazioni dello stesso Nicola che ha rilasciato durante un’intervista:
“Blessed nasce per puro caso durante il lockdown, tra marzo e maggio 2020, quando acquisto dal mio amico Francesco Savarese una prestigiosa chitarra acustica, proprio il giorno prima della quarantena. Preso dallo sconforto per la cifra spesa prima della chiusura totale, che significava sospensione dei concerti, sospensione delle lezioni e sospensione del lavoro in studio, decido che con quella chitarra avrei dovuto realizzare qualcosa. Così, comodamente sul divano, cominciai a mettere in ordine alcune idee che già avevo.
La chitarra acustica è per me uno strumento relativamente recente, l’ho cominciata ad usare a pieno col Banco, cioè da quando Vittorio Nocenzi mi propose di aiutare Rodolfo Maltese proprio alla chitarra acustica, da lui ho preso alcune lezioni per capire come suonare i brani e di lì mi si è aperto un mondo.
A lei ho unito la drum machine per eccellenza, la 808 e un basso synth, qualche spruzzatina di chitarra elettrica, rigorosamente Telecaster e Blessed è uscito fuori.”
Per me non è mai facile recensire dischi di amici, che stimo, ma al di fuori di ogni coinvolgimento che io possa avere, consiglio “Blessed” a chiunque, non solo ad un pubblico esclusivamente chitarristico (anche se i giovanissimi troverebbero tanti spunti su cui riflettere e da cui imparare), ma a tutti.
Un disco di musica, bello e “facile”da ascoltare, un disco Pop nella sua accezione più nobile; un disco dove Nicola Di Già si conferma fine esecutore e scrittore sensibile, scegliendo e preferendo sempre la musicalità, e la potenza che può dare ogni singola nota per la creazione di melodie accattivanti.
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