Considerato fra i massimi esponenti della chitarra moderna, maestro indiscusso della slide e ricercatore instancabile fra radici americane e musica etnica di tutto il mondo, Cooder ha segnato con il suo tocco dischi fondamentali del rock e colonne sonore di film senza tempo. Il nuovo libro di Aldo Pedron è il modo migliore per conoscere ogni angolo del personaggio.
“Il viaggiatore dei suoni“ è il titolo ideale per inquadrare un artista che ha passato la sua vita alla ricerca del suono perfetto, sulla chitarra o su uno qualsiasi dei numerosi strumenti a corde che tiene a portata di mano. L’importante è trovare quella vibrazione autentica in grado di arrivare al cuore e alla pancia.
Se oggi si è consolidato il concetto di “american music”, ormai semplicemente “Americana”, è anche grazie a personaggi come Cooder che dagli anni ’60 a oggi ha fatto un lavoro inestimabile per ricercare e valorizzare ogni aspetto della tradizione dalle radici al rock, senza aver paura di uscire dai confini continentali per allargare il panorama.
Nella sua introduzione Ezio Guaitamacchi riporta una lista consistente degli artisti più importanti fra quelli che hanno espresso esplicitamente la loro stima per questo straordinario musicista. Fra di essi Eric Clapton, James Taylor, Jackson Browne, John Lee Hooker, John Hiatt, Bonnie Raitt.
È uno come Steve Vai ad affermare: “Quando ho incontrato Ry Cooder mi sono sentito per la prima volta in vita mia un apprendista della chitarra“.
L’incontro di cui parlava Vai è quasi sicuramente quello avvenuto durante la lavorazione di “Crossroads“ (o anche “Mississippi Adventures“), il film di Walter Hill che nel 1986 rileggeva in maniera personale il mito di Robert Johnson. Vai impersonava il super-virtuoso moderno al soldo del diavolo, Cooder era l’autore delle musiche originali ed esecutore delle parti di chitarra slide suonate dal giovane attore Ralph Macchio.
Il suo lavoro sulle colonne sonore ha permesso a Ry Cooder di mettere al servizio delle immagini tutto ciò che ha assimilato nel corso degli anni, fino ad arrivare alla sintesi estrema del tema di “Paris, Texas“ di Wim Wenders, in cui tutto viene detto in quattro-cinque sapienti note della sua slide.
Partito dall’esperienza dei Rising Sons con Taj Mahal a metà anni sessanta, il musicista californiano è stato capace di assimilare lo stile unico di Joseph Spence, il fingerpicking di Mississippi John Hurt e Blind Blake, le Hawaii di Gabbi Painuhi, il Tex-Mex di Flaco Jimenez, il blues-etnico del maestro africano Ali Farka Touré e quello americanissimo di Hooker, fino a Compay Segundo e al ricco patrimonio musicale del Buena Vista Social Club rilanciato assieme al solito Wenders con l’operazione omonima.
Aldo Pedron, nome ben noto ai lettori di storiche riviste italiane come Il Mucchio Selvaggio e il Buscadero, è fra i maggiori esperti del personaggio, che segue da vari decenni con costanza e dedizione.
Nel secondo libro che dedica all’argomento trova posto un dettagliato percorso biografico, che non dimentica l’esperienza nella band di Captain Beefheart e tantomeno la collaborazione con gli Stones di Let It Bleed, quando Keith Richards impara proprio da lui l’uso delle open tunings che ne segneranno indelebilmente lo stile.
Accanto alle tante apparizioni come sessionman ci sono i Little Village con John Hiatt, la lunga amicizia e collaborazione con David Lindley, le più recenti sortite al fianco della country-star Ricky Skaggs. Dischi ufficiali e bootleg da collezionisti per tutti i gusti.
In capitoli appositi vengono analizzati i suoi maggiori riferimenti, i famigerati strumenti (la mitica Cooder-caster su tutti…), discografia e videografia allargate, una imbattibile bibliografia. Lo stesso Cooder non potrebbe fare di meglio.
Se fate parte del mio stesso club non ne potete fare a meno. La Slide Area vi attende.
Ry Cooder – Il viaggiatore dei suoni è pubblicato da Arcana editore.
Aggiungi Commento