Roberta Finocchiaro è una cantautrice siciliana trapiantata per gusto musicale negli Stati Uniti, abbiamo ascoltato il suo ultimo album Something True.
Si sa, gli americani il pop lo hanno sempre fatto bene. Beh ok, non proprio sempre sempre. Ma diciamo che quando gli riesce bene, loro, come gli inglesi, hanno quella marcia in più inarrivabile.
Gli Stati Uniti, inoltre, hanno la musica “nera”, hanno plasmato la storia di alcuni strumenti musicali, hanno gli stili degli Stati del Sud.
Tutto questo costituisce un’attrazione fatale per chi ha certi obiettivi, aspirazioni o anche solo gusti musicali che portano verso quello stile made in USA.
La Finocchiaro è sì siciliana e sicuramente, come tutti i siciliani, amerà la sua terra ardentemente. E questo è confermato dal fatto che la sua produzione discografica, la Tillie Records di Simona Virlinzi, è al 100% catanese.
Tuttavia, se non vi dicessimo nulla di lei e la sentiste solo cantare, sarebbe difficile immaginarla alle pendici dell’Etna, quanto più intenta a passeggiare all’incrocio tra la 7th Avenue e Broadway.
Something True racchiude 9 tracce ed è stato prodotto, guardacaso, negli Stati Uniti. Ma non nella caotica New York, bensì nella gloriosa (musicalmente parlando) Memphis, presso il Sam Philips Recording studio.
Al disco hanno collaborato David LaBruyere (basso) e Stephen Chopek (batteria), due musicisti di spessore che, tanto per dirne una, sono al seguito di John Mayer sia in tour che in studio.
Ok, il biglietto da visita c’è ed è ben confezionato. Ora, ascoltiamo la musica…
Il disco si apre con Lies, ottima opening track con tutto il groove che ci vuole per presentare quest’artista che, come suddetto, se non si tradisse con nome e cognome italiani, non avremmo alcun dubbio nel ritenere americana o al max figlia o nipote di immigrati dei tempi che furono.
Interessanti le parti di chitarra, ma d’altronde la Finocchiaro è anche chitarrista, quindi non è una sorpresa trovare del gusto in esse.
Build My Heart offre già al secondo brano una ballata. Sempre ottima la base ritmica, in particolare le parti di basso. Su queste la giovane voce di Roberta confessa le sue vicinanze al pop, non che questo sia in alcun modo un difetto, anzi, è piacevole sentirla accompagnata dagli ottoni sull’ampio sfondo. Pop-Soul? Soul-Pop.
Con Be Myself entriamo ancora più nella componente dalla P maiuscola, ma troviamo anche un pianoforte che ama confondere le acque con alcuni passaggi rhythm & blues. Finora, il brano sicuramente più radiofonico, anch’esso molto, molto americano. E va bene.
Con Something True torniamo a saltellare un po’, il ritmo di batteria coinvolge, la strofa fa muovere le spalle e la voce dà le sue pennellate di colore. Uno stile che ci ricorda anche qualcosina degli anni ’90.
Leaf in a Hurricane viene incontro alla nostra curiosità di sentire la Finocchiaro in una compagine un pelo più acustica. Le chitarre sono sicuramente protagoniste con la voce, acustiche e lap steel.
Capiamo bene qui il cosiddetto “folk pop” nelle descrizioni che si leggono in giro. C’è anche spazio per qualche strumento “rurale” come il banjo. Mica poco.
Anche in questo caso, il brano è subito orecchiabile. Forse la controparte migliore della foto che abbiamo davanti della cantante, in un semplice vestito nero a fiori, con la routine della città alle sue spalle. Tutto sembra poter scorrere con leggerezza.
Anche Love Changing inizia con la chitarra acustica. La voce qui sembra più lontana, non vuole mettersi da subito “davanti” all’ascoltatore.
Poi si avvicina con uno dei ritornelli sicuramente più convincenti dell’album.
Paura. Unico titolo in italiano. E anche la canzone è cantata in italiano.
È sempre strano come il pop, e lo diciamo senza critiche, sembri “più pop” quando lo canti in italiano.
Ottima qui la voce della Finocchiaro. “Il palco è casa mia e qui non ho paura” dice la cantautrice, e in effetti il palco è un po’ un rifugio. Il resto del testo forse non ci sorprende allo stesso modo, con qualche rima che forse avremmo evitato, ma d’altronde il brano è il suo…
Siamo quasi al capolinea, il penultimo brano When I’m Starting to love You torna in lingua anglosassone. Sul tappeto acustico si insinuano i colpi arrotondati ma piuttosto “avanti” di una grancassa e allo stesso tempo gli archi disegnano il panorama dietro le spalle.
Non sarebbe male avere una versione di questo brano solo voce e chitarra acustica, magari una futura bonus track….
L’album chiude con Honey Tree. Il brano è in effetti addolcito come il titolo. Tornano anche qui gli strumenti degli Stati del Sud. Apprezziamo.
Davvero interessante quest’opera della Finocchiaro, da tenere sicuramente d’occhio perché è giovane (classe 1993) e questo è “solo” il suo secondo album.
Se cercate un disco che vi tenga buona compagnia e vi piace questo stile di musica, è una prova superata per l’artista italiana. Anche se canta in inglese, ma lo fa bene e, probabilmente, è ciò che dovrebbe continuare a fare.
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