“L’hai sentito quello nuovo dei Van Halen?” – “Nah, per me i Van Halen sono morti tanto tempo fa… Secondo te cosa li può aver portati a riunirsi dopo 13 anni?! Vogliono solo fare soldi rifilandoci un album che sarà sicuramente penoso. Fidati di me: stanne alla larga, non ti rovinare un mito!”
Il consiglio del nostro amico Rocker non è proprio senza capo: cosa avrà convinto David Lee Roth a firmare un nuovo album con i Van Halen dopo 28 anni dal fortunato “1984”? Senza contare che l’uscita è stata rimandata più volte, magari proprio perché litigavano! E l’avete sentito il singolo?! “Tatoo”, per carità, gran bel tiro Eddie, però che banalità! Se quella sciocchezza è il meglio dell’album conviene dar retta al consiglio del nostro amico: al 99% ha ragione lui.Ma noi siamo quelli che “finché non sentono, non credono”. Mettiamo “A Different Kind of Truth” nello stereo e dopo pochi minuti assistiamo ad un fenomeno strano e inaspettato: nonostante la nostra diffidenza “She’s The Woman” e “You and Your Blues” cominciano a far muovere la nostra testa a ritmo. No, non c’è proprio da gridare al miracolo; ma fin dall’intro delle frenetiche montagne russe di “China Town” diventa difficile non trattenere un certo entusiasmo.Cosa sta succedendo? Semplice, i Van Halen ci hanno “imbrogliato”: quest’album sembra venire direttamente dalla loro età dell’oro, e in effetti è proprio da demo e idee del periodo che provengono la maggior parte dei suoni di “A Different Kind of Truth”.
La ricetta che ci propongono non è né complessa né innovativa: ritornelli godibili e riff dall’appeal classico. Ma come il tiramisù preparato da mia mamma ha un sapore speciale, a cui nessun professionista della cucina può avvicinarsi, così il vero ingrediente segreto di quest’album, che ci fa passare un’oretta piacevole e divertente, sono i cuochi, e soprattutto il capo cuoco: un Eddie Van Halen in condizioni, come al solito, mostruose, che ha superato completamente i vari problemi di salute che lo hanno afflitto e carica di carisma ogni nota: basti ascoltare il gran bell’assolo “Blood and Fire”, i riff di “As Is” o la sperimentazione “Honeybabysweetiedoll”.A lui si unisce l’ingombrante personalità di David Lee Roth, che si può amare o odiare, ma dà senza dubbio vivacità e colore ai brani, declamando, tra canto e Spoken-Word (“Stay Frosty” ne è un esempio), dei testi non proprio brillanti; ma in fondo i Van Halen non sono mai stati, ne hanno avuto la presunzione di voler essere, dei poeti.
Infine Alex alla batteria fa il suo solito buon lavoro, molto solido, mentre il giovane Wolfgang al basso, nonostante la notevole raccomandazione, mostra delle discrete capacità.Tutti questi elementi contribuiscono a fare di “A Different Kind of Truth” un album ben composto, solido, ricco di groove; ma anche scontato, poco innovativo e alla lunga stancante, soprattutto nei capitoli più spensierati.
Si potrebbe parlare anche di anacronismo, ma sarebbe più appropriato il concetto di coerenza: i Van Halen hanno già dato il loro e più che ampliare il numero di ascoltatori, volevano accontentare i loro fans. Una folla già ampia, che probabilmente non si poteva aspettare di meglio e si godrà dal vivo brani divertenti come “Outta Space” o “Big River”.Quindi alla fine il nostro amico Rocker aveva torto? “Nì”. No perché “A Different Kind of Truth” non cambierà il mondo del Rock, non è un capolavoro come il debutto e non aggiunge molto né a noi né alla carriera dei Van Halen. Sì perché si saranno anche riuniti per la crisi economica, ma, a differenza dei numerosi gruppi che hanno deciso di tornare dal passato, loro utilizzano delle idee sviluppate nel periodo di massima creatività (seppur scarti) e soprattutto hanno tra loro Eddie Van Halen: e quest’ultimo non riuscirà a fare miracoli, ma poco ci manca.
Genere: Hard Rock
Line-Up:
David Lee Roth – voce
Eddie Van Halen – chitarra, tastiere, cori
Wolfgang Van Halen – basso, cori
Alex Van Halen – batteria
Tracklist:
Francesco “Forsaken_In_A_Dream” Cicero
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