Un disco fuori, fuori dalle regole del mercato, fuori dai loop elettronici e dai virtuosismi. L’unico virtuosismo concesso è quello della semplicità, del minimalismo e della poesia che si può ascoltare e che riesce ad uscire fuori nei 17 pezzi proposti da Vinicio Capossela. I pezzi vanno ascoltati e riascoltati, per poter gustare poesia e magia ricavata da pianoforti a coda e a muro, pianoforti giocattolo, bajngio, chitarre elettriche, ottoni e strumenti a corda, fisarmoniche ed organetti. Il tutto per poter ricreare quelle sonorità vere di un tempo. La poetica francese nei testi, dona quella malinconia tipica che serve per poter gustare con calma il tutto. L’interno del CD rispecchia esattamente, e coerentemente queste premesse. Rigorosamente in bianco e nero, la copertina vede Vinicio nei panni di un palombaro in primo piano e con un organetto sulla parte posteriore del CD. L’ultima immagine del “bootleg” contenuto all’interno è una foto di spalle di Vinicio con cappello a cilindro, vestito come il presentatore di un circo. Il primo pezzo Bardamù uno dei più bei dell’album inizia con il piano (suonato dallo stesso Vinicio che ha registrato il piano per tutto il CD) che ripropone il tema principale del pezzo “Ma niente canzoni d’amor mai più mi prendano il cuor…”. Il tutto si evolve con gli archi, scritti e diretti da Tommaso Vittorini. Il secondo pezzo Polka Di Warsava è un intermezzo fra il primo pezzo molto intenso e “vissuto” ed il terzo Decervellamento ripresa ed adattata da Chanson Du Dervelage di Alfred Jarry. Questo pezzo è stato riproposto già diverso tempo fa in una tourné teatrale insieme a Paolo Rossi. Della migliore tradizione musicale francese, il tema racconta una storia irreale. Il protagonista della storia racconta la sua morte da defunto. In Marajà troviamo delle chitarre elettriche molto particolari. Le chitarre portano una ritmica veloce e hanno una sonorità ricercata, un “crunch” pieno, davvero molto bello. Canzone A Manovella che da il titolo all’album racconta della vita di bordo di “una barca chiusa nella bottiglia del bettoliere”. Nei cori finali della ciurma troviamo un anche Manuel degli Afterhours. Una chitarra viene utilizzata per ricreare il suono della sirena (le chitarre sono di Marc Ribot), in più viene usato il suono di bottiglie per portare l’armonia e la ritmica iniziale del pezzo. La vita ci fa troppe volte fingere come il sorriso che hanno stampato I Pagliacci. Quel sorriso non è mai per loro, e alla fine la nostra vita è un po’ come quella dei pagliacci, piegarsi e far ridere gli altri… Marcia Del Camposanto ha un’intro che ricorda la banda del paese quando accompagnava i defunti in chiesa dietro al carro funebre e parenti. Il pezzo si evolve nel classico stile di Capossela: “…e lo portarono al camposanto… gonfio di birra senza rimpianto…” raccontando nel suo stile e modo un funerale. Forse in questo ottavo pezzo Vinicio Capossela, ha voluto descrivere una situazione fantastica, dedicata al suo strumento preferito, i pianoforti di Lubecca. Vecchi pianoforti abbandonati in una vecchia fabbrica di polvere da sparo, ed una sera come per magia iniziano a parlare ed a suonare quelle vecchie canzoni e “quei notturni che non si suonano più…”. Strumenti che hanno la memoria delle canzoni mai scritte e suonate. “Suona Rosamunda / suona che mi piaci / suonano i tuoi baci…”: questo pezzo si evolve raccontando tutta la disperazione di un amore, ambientando il tutto in un circo, nel quale si chiede alla banda di suonare Rosamunda e nella falsa speranza che domani ci sia solo cenere. Intermezzo, pezzo tradizionale suonato da Nicolae Kostantin che prepara le sonorità balcane dei pezzi Contratto Per Karelias, Solo Mia, Corre Il Soldato, Signora Luna. In Contratto Per Karelias abbiamo sonorità aspre offerte dalle chitarre, ed un ritmo cadenzato, sottolineato anche dalla voce. Solo Mia è un canto tradizionale zigano. Vinicio lo ha adattato nella versione italiana aggiungendo delle maracas che lo rendono molto bossa. Corre Il Soldato, pezzo con una ritmica cadenzata, molto andante con un solo di chitarra affidato a Giancarlo Bianchetti che “sferraglia” con la sua chitarra nell’ambiente soft ricreato dagli altri musicisti. Signora Luna, altro pezzo preso dalla tradizione. Possiamo definirlo un blues, che scorre via con al contrabbasso Ares Tavolazzi. Le chitarre sono di Marc Ribot, Giancarlo Bianchetti e Vinicio Capossela. In questo pezzo non c’é una sezione ritmica, eppure ascoltando il pezzo, si sente che il lavoro che fanno le chitarre permette di non far avvertire il vuoto lasciato. Bastano le chitarre con attacchi molto irrompenti, forti decisi e pieni ad effettuare tutto il lavoro. L’intro di Con Una Rosa ci fa capire che le melodie gitane sono chiuse e siamo buttati dalla parte opposta dell’Oceano Atlantico, riproponendo sonorità di alcuni film americani, con congas, archi e chitarra jazz piena all Wes Mongomery. Nella Pioggia e Resto Qua chiudono questo CD. Il primo dei due parla di: “treni che partono ogni ora, ma non partiamo noi…”, potremmo definirlo un valzer malinconico su tutto ciò che alla fine parte, va via nella nostra vita. Resto Qua è un quadro, una fotografia di uno spettacolo finito, che alla fine lascia sempre l’amarezza dell’evento che è avvenuto, ma comunque troppo breve. Vinicio cita il palcoscenico dello Smeraldo, il pubblico che va via, e il sipario comunque rimane anche senza di noi. Come riuscire a concludere e dare una definizione ad un lavoro atipico per i nostri giorni? Strumenti e sonorità chiuse oramai in una nicchia, forse neanche più nelle bande del paese. L’elettronica non la fa da padrone in questo CD, è tutto orchestrato e suonato da persone vere, non esistono gli iperbolici individualismi, ma il tutto è un malinconico magma che scende giù a valle lasciando sicuramente il segno. “…Se è circo che vogliono un circo daremo…”
Casa discografica: CGD East West s.r.l. A Warner Music Group Company
Anno: 2000
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