La situazione dei concerti in Italia è ancora parzialmente ferma. Qualcosa si è fatto, in qualche occasione si sono destate alcune polemiche (e provocazioni), ma fondamentalmente quel poco di musica dal vivo che è tornata a girare durante l’estate certo non basta per riattivare un circuito del lavoro ben più esteso.
Cosa è successo durante l’estate dei “concerti”
Partiamo da un dato di fondo: il 70% delle maestranze degli spettacoli live ha cambiato lavoro. Il che, come rilevato da un’intervista de Il Giorno a Claudio Trotta, il patron di Barley Arts (AC/DC, Bruce Springsteen e molti altri), sta già creando un enorme problema per il futuro per quanto riguarderà (si spera…) la ricerca di figure professionali.
Tornando all’estate appena conclusa, se è pur vero che gli spettacoli potevano essere consentiti all’aperto “fino a 5000 persone con distanziamento“, questo è stato un permesso abbastanza ridicolo, visto che a conti fatti per mettere quei 5000 posti a sedere è richiesto uno spazio di enorme portata (più di un paio di campi da calcio per darci un’idea), che chiaramente oltre ad essere illogico da sostenere come progetto logistico ed economico… si tratta di spazi che in Italia semplicemente non esistono.
Per cui, se qualche Festival c’è stato, e meno male, ha comunque avuto dimensioni di pubblico piuttosto minute rispetto al passato e chiaramente ciò non può rappresentare una fonte di sostenibilità a lungo termine per tutto il settore.
Cosa chiedono al Governo i promoter dei live show
La proposta è semplice: riaprire alla possibilità di spettacolo con capienza al 100%. Il che non vuol dire assenza di controlli e regole, che pur dovranno esserci almeno riguardo alle – oramai – più comuni norme di sicurezza anti-contagio.
Proprio per questo si sono riuniti a San Siro i più importanti promoter italiani, mettendo da parte per un momento le loro rivalità e cercando di muoversi insieme per un appello al governo, in 4 punti:
- ritornare al 100% della capienza del pubblico, ovviamente utilizzando il Green Pass e uso di maescherine e controllo della temperatura per spettacoli al chiuso
- abolizione del distanziamento, che si è dimostrato inapplicabile e utilizzato in maniera piuttosto “randomica” (vedi i tanti convegni in piazza dei politici in queste settimane, con folle definibili a dir poco col termine “assembramenti”, NdR)
- stabilire una data ufficiale per la ripartenza
- istituzione di un tavolo di discussione con l’esecutivo
Questo appello è stato sostenuto ufficialmente da circa 300 artisti “big” italiani, oltre che ovviamente essere stato abbracciato da più o meno tutti i professionisti del settore dello spettacolo, ad ogni livello.
I promoter hanno altresì dichiarato di non richiedere nessun contributo, ma di voler semplicemente ripartire con il proprio lavoro, lavoro condiviso con decine di migliaia di altri ex-occupati che da un paio di anni sono in balìa degli eventi (nonostante si siano ben fatti sentire).
Riaprire all’80%, la proposta delle regioni
Intanto, anche le regioni hanno discusso del tema, proponendo un’apertura all’80%, considerata infattibile dai promoter.
“Non vi accontentate mai” si potrebbe pensare, ma riflettendoci un attimo, da un lato non si possono sostenere progetti nati per una capienza e ora ridisegnati con un 20% di incassi in meno.
Ma se questa giustificazione può sembrare troppo “pro-organizzatori” (molti dei quali ci hanno abituato a costosissimi biglietti, NdR), allora basti pensare che a fronte di un numero di biglietti venduti, e non sono pochi i sold out già raggiunti per alcuni live, chi può decidere quali acquirenti rientreranno in quel 20% di persone a cui si dovrà dire “tu non puoi più venire?“
Con che ratio si farebbe una scelta del genere e che conseguenze potrebbe avere anche a livello legale?
Come ha dichiarato Maurizio Salvadori di Trident Music: “è una norma che può andar bene per il calcio o per la Formula 1 che vivono con un 60% di introiti legati ai diritti televisivi, non per noi che viviamo solo ed esclusivamente di biglietteria. E poi che beneficio sanitario avremmo a portare la capienza all’80%, con un 20% di posti vuoti distribuiti qua e là?“
Infine, c’è un altro punto sollevato dal suddetto Trotta di Barley Arts, quello del risvolto sociale e psicologico, quello relativo alle nuove generazioni.
Stanno crescendo, infatti, generazioni di adolescenti che non hanno la possibilità di fare esperienza con i grandi spettacoli dal vivo e questo è un disastro culturale e se non si pone rimedio velocemente a questa situazione, a suo parere, “si rischiano danni irreversibili“.
Restiamo quindi speranzosi che il Governo inauguri un tavolo di discussione dopo questo importante appello che coinvolge le sfere più alte del nostro Paese nel merito dell’organizzazione degli show dal vivo.
Più in alto così come interlocutori non si può andare, stiamo parlando di un livello superiore agli stessi artisti. Se è tempo di un dialogo e di trovare una soluzione, quel tempo è adesso.
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