È stata la mia prima volta a Sarzana, un festival espositivo per me anche più interessante del Musikmesse di Francoforte per quanto riguarda il settore “chitarre acustiche”, al quale partecipano grandi industrie, liutai internazionali di gran livello, bravissimi dilettanti e neofiti, tutti insieme incastonati nei mille anfratti, celle, stanzette, portici, corridoi a stanze comunicanti della fortezza.
Un gran gusto a scoprirli uno a uno. Alcuni li sono dovuti andare a scovare, tipo il giovanissimo Tom Bills dagli USA, poiché aveva un solo strumento (ma che strumento!) in esposizione su un anonimo tavolino rosso.
Ho un mio modo personale di visitare queste manifestazioni: guardo quello che mi interessa (ma va’?).
Nella consapevolezza che non è possibile provare bene gli strumenti per via del sia pur modesto rumore ambientale, niente a che vedere con il frastuono dei soliti riff distorti quando ci sono in giro ampli e strumenti elettrici, ho cercato qualcosa di originale nel panorama offerto dagli espositori. Bypassati quindi Taylor, Martin etc… perché uno se li va a vedere nel suo negozio o sul web. Saltati a pié pari anche i molti strumenti “repliche” o similari perché, come con le donne, non amo l’omologazione sia pur nell’onorevole sforzo di essere notevoli, ma apprezzo piuttosto lo sforzo creativo-innovativo.
E di cose pregevoli ce n’erano.
La mia personalissima palma d’oro la darei a un giovanissimo liutaio di Torino, Alessandro Rota, che in canotta e pantaloni neri, magro da farmi invidia, si è portato due prototipi di basso e chitarra solid body interamente in frassino monoblocco scolpiti tridimensionalmente; la chitarra adattata al corpo (chissà se si adatta anche alla mia panza?) e il basso fretless con una “pinna” in corrispondenza del primo tasto dove trova appoggio l’incavo del pollice a fine corsa; inoltre un originale profilo della sezione del manico asimmetrico con due archi, uno corto e ripido in basso e l’altro più lungo e piatto in alto.
Molto belli e risonanti gli strumenti del liutaio di Ciampino (RM) Davide Serracini con tasti “fanned” cioé “sventagliati” (ogni corda suona su una scalatura diversa) del quale ho provato una chitarra baritona dal suono profondissimo.
Prima di arrivare nella fortezza, sotto un bianchissima luce pre-estiva che tagliava le ombre sui muri dei vicoli e bucava le piazzette, proprio in una di queste incontro un musicista di strada che ha apparecchiato i suoi strumenti sul selciato tra un’erboristeria e un grosso vaso. Ascolto un blues che mi fa fare un salto temporale direttamente nelle piantagioni di cotone dell’America di più di 1,5 secoli fa. Ma qualcosa non quadra: pelle chiarissima e capelli rossi, camicia tipo Hawaii, gli manca una ghirlanda di fiori al collo per essere il perfetto turista appena sbarcato da un volo PanAm degli anni ’50 su un’isola del Pacifico.
A completamento del patchwork spazio-temporale: la chitarra. Un residuato delle cantine di tutti i quaranta-cinquantenni, una bellissima Eko pure plywood, finitura sunburst, bolt on neck, completa di adesivi col nome della (one man) band come sulle casse delle batterie: CHA TU KING, il re del “cià-tu”, onomatopeica descrizione del sound della sezione ritmica composta da mini-cassa e charleston azionati pedestremente in alternanza. Ciliegina sulla torta, la tracolla: un metro di spago avana di quello grosso che non si trova neanche più (e quindi fa molto vintage) legato tra il pin-strap che la Eko dell’epoca aveva installato a fondo cassa, prevedendone probabilmente il massiccio uso da spiaggia, e il collo della paletta.
Grazie Max per averci ricordato che la chitarra è pur sempre solo uno strumento. La Musica ce la mettiamo noi che siamo comunque un altro strumento al Suo servizio. Ognuno con il compito di perfezionarsi per rendersi canali puliti al Suo passaggio. Il musicista con la sua abilità; il liutaio con i suoi legni.
Mi butto dentro la fortezza che al suo interno si apre subito in una piazza dove hanno montato un palco per i live serali. Quella sera è in programma un concerto Bluegrass e, se è vero quanto dice Paolo Conte, che le donne odiano il Jazz e non si capisce il perché, è anche vero che non amano il Bluegrass e… già si capisce un po’ di più. Allora ho optato per una serata diversa con mia moglie, a passeggio sulla riviera di Massa Marittima, una specie di Ostia lido con un’edilizia più confusa e abusivo-condonata fin sulla spiaggia.
Dalla piazza dei concerti ci si insinua in corridoi con numerose stanze comunicanti com’era in uso nei castelli medievali dove il concetto attuale di privacy non era ancora in uso. Ma a quanto pare secoli dopo tornerà utile per adattarle ad un uso fieristico, dove il corridoio fa da passaggio e le stanze da stand. In ordine sparso cito il mitico Luca Villani che ha portato una serie dei suoi pick-up adatti ad essere agganciati sulla buca delle acustiche.
Come al solito non si poteva capire bene come suonassero data la situazione, ma mi piace l’idea di poterli applicare senza interventi invasivi sulla mia Larrivée che non ha nemmeno il pin-strap sulla cassa da sostituire con uno che faccia anche da presa jack. Penso che lo potrei montare e lasciare con il cavo che pende dalla buca…
Un bella donna sulla quarantina, americana (che sia americana lo si può indovinare facilmente dall’abbinamento t-shirt-jeans-sandali fuori moda italiani) canta sue canzoni di stile cantautoriale newyorkese (definizione inventata da me) che echeggiano nei testi le sue esperienze in terra italiana con maschi autoctoni. Si accompagna con una Parker solid body con piezo al ponte perché, ha detto inopportunamente, che le tante acustiche in esposizione le sembravano tutte uguali… ma l’ha detto in inglese e la battuta è passata liscia.
Uscendo dal porticato sotto il quale si esibiva Lady USA si accede a una passerella che rende percorribile il vecchio fossato e l’orecchio “m’inciampa” in una band armata di ukulele: 8 elementi vestiti da agenti immobiliari reinterpretavano brani pop. Ma il merito è tutto del cantante e dell’unico basso acustico, che rendono i brani riconoscibili.
In definitiva un’ottima occasione per avere un quadro generale dello stato dell’arte, ma manca come sempre una efficace comunicazione per distinguere chi da chi in quello che rischia di essere una carrellata che accomuna sin troppo sommariamente belli e brutti. Soddisfazione per gli occhi, per il tatto, ma ben poca per le due amiche appiccicate al lati della testa.Stefano Rofena – Cloe Guitars
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